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5 Giugno 2015 , ,

Jumping The Shark SOGNI PESARESI

2015 - Autoproduzione

Jumping The Shark  SOGNI PESARESINella sintetica presentazione ad uso stampa che accompagna questo nuovo lavoro del duo pesarese Jumping The Shark si ritiene che informarci sulla giovane età della band - 38 anni in due recita letteralmente il comunicato – sia, a quanto pare, d’importanza decisiva per la comprensione delle sonorità power rock espresse da Leonardo Antinori (Batteria, voce) e Tommaso Tarsi (Chitarra, voce). Da parte nostra non riusciamo al contrario a deciderci se tale scelta sia dettata dalla necessità di reclamare indulgenza preventiva o dalla spregiudicata tendenza al giovanilismo rottamante. Poi ad ascoltare questo “Sogni Pesaresi” invece entriamo in un mondo artisticamente adulto e contraddittorio: un mondo abitato e vivificato dai fantasmi della provincia che a volte i Jumping The Shark provano e esorcizzare con un piglio da poeti maledetti della domenica: si ascolti a proposito la coda psichedelica inutilmente pomposa di Cartika/Tu Me Fais Du Bien, coda che si annoda inesorabilmente al collo dell’ascoltatore per due minuti circa.

 

Eppure il disco era presentato molto bene con il riff potente e panciuto di Inutile prima di te che lasciava presagire gustosi lampi nell’oscurità stoner con venature blues. Poi invece arrivano i Verdena mascherati da Led Zeppelin di Leonardo Nel Bidone e tutto diventa meno interessante ma in compenso molto più snob. Suoni di una violenza con il foto-31naso all’insù che digradano verso un mood blues in Stress; la violenza sonora non diventa mai in questo caso compattezza espressiva acquistando al contrario dei contorni decisamente più rozzi che non rendono onore alla solidità tecnica e compositiva di cui i Jumping The Shark si sono dimostrati capaci anche nel precedente “Fonzarelli”. A questo punto il disco compie una virata verso tempi meno serrati e il duo marchigiano è impaziente di renderci edotti della sua capacità di emozionare e esprimersi al meglio anche al calare dei Bpm e al crescere inverso della carica poetica delle composizioni: arrivano così  Buonanotte e Lacrime di coccodrillo. La prima è ponte tra il blues e l’intimità che esplode in contorsioni meno controllate a rappresentare la migliore espressione della band; la seconda è una lamentazione ad uso degli amanti dell’autorialità fuori tempo massimo (qualcuno potrebbe parlare di Battisti se proprio ne avesse voglia). Un disco spezzato letteralmente a metà dalla necessità di mostrare abilità tecnica e una grandeur compositiva disinvolta; un disco schiacciato sotto troppe stratificazioni e dalla voglia di strafare da parte di giovanissimi con la boria - ma anche la stoffa - dei virtuosi.

Luca Gori

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