fermoposta.it → inviati dalle band
Migliora leggibilitàStampa
31 Marzo 2013 , ,

Gambardellas SLOPPY SOUNDS

2013 - Bigwave Records/Audioglobe

Gambardellas-Sloppy-Sounds“Sloppy Sounds” dei Gambardellas (prima uscita “solista” del batterista Mauro Gambardella, che per l’occasione si fa accompagnare da Fabio Dalè) ha tutte le caratteristiche di un progetto nato per divertimento (e forse anche dalla frustrazione di un batterista con la vena autoriale costretto spesso a stare soltanto, si fa per dire, dietro alle pelli) ma che rivela potenzialità interessanti. Sloppy Sounds è un disco che mescola generi, stili e invenzioni, e riesce a farlo senza prendersi mai sul serio, dissacrando anche i mostri sacri, gettandoli in un tritacarne postmoderno da cui fuoriesce un rock’n’roll fresco, diretto e senza fronzoli. Una mistura in cui convivono power-pop, garage, il lato più “solare” dello stoner, brit-pop, certa wave meno oscura, e chi più ne ha più ne metta. Le innumerevoli citazioni presenti nell’album sono talmente (e volutamente) ostentate da non risultare per niente di maniera, e diventano segno distintivo del sound della band. Il carattere ludico e scanzonato del disco emerge a più riprese, e nel tritacarne sonoro finiscono anche alcune pietre miliari; basta sentire il mitico (se non “mitologico”) urletto di Immigrant song dei Led Zeppelin confluire in Freeway, seconda traccia del disco, o lo sghembo riff di Rock Lobster dei B 52’s fare da asse portante in Tito, cosa che (forse grazie anche a questo prestito) rende la canzone uno dei momenti migliori del disco. La band sembra voler seguire quel vecchio adagio che recitava “I only play rock’n’roll for kids to dance” (che poi era una variazione sul ben più classico tema “It’s only rock’n’roll but I like it” di stonesiana memoria), e in effetti il disco è a tratti coinvolgente (Living the night, una sorta di improbabile quanto divertente miscela tra Blur e sleaze lo dimostra perfettamente, ma ci sono anche Flash e la già citata Freeway).  Certo nulla per cui strapparsi i capelli o gridare al miracolo (e, bisogna dirlo, alcuni pezzi del disco pagano il prezzo di un’eccessiva morbidezza quasi melensa: si veda Valley, canzone che chiude l’album), ma il lavoro dei Gambardellas si lascia ascoltare fino alla fine e, in fin dei conti, non delude.

 

Luca Verrelli

Video

Inizio pagina