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13 Giugno 2014

Il Pozzo di San Patrizio MISERABILANDIA

2014 - Hydra Music/Goofellas

Il Pozzo di San Patrizio MISERABILANDIA Il Pozzo di San Patrizio è una band della provincia di Salerno caratterizzata da una notevole caratura tecnica e da una certa varietà strumentale nel proprio set. Ne fanno infatti parte il bassista/cantante Dario Triestino, la flautista e cantante Antonella Manzo (che suona anche il tin whistle, il tradizionale flauto dolce irlandese in metallo), il chitarrista/cantante Angelo Napoli, il polistrumentista Alessandro De Marino, che suona tastiere, clarinetto e controller a fiato, e il batterista Roberto Coscia. Nelle varie tracce i musicisti sono coadiuvati da alcuni narratori (Andrea Monetti, Nicodemo, Francesco Marra e Luca Urbani) e, persino, da una banda e da un coro, per la precisione il Concerto Bandistico Città di Bracigliano e il Nausicaa Choir, entrambi del Salernitano. Il risultato di cotanta tavolozza timbrica è un sound coeso, possente e grintoso, un cocktail di punk e ska permeato di influenze tecniche un po’ di tutto il mondo, ovviamente mediterranee in primis, vista la collocazione logistica, ma persino klezmer, celtiche, occitane, baltiche. Una efficace patchanka figlia dei Mano Negra quanto di Carosone, degli Ustmamò quanto di Goran Bregovic e dei Punkreas quanto di Davide Van De Sfroos.

 

Venendo ai testi, “Miserabilandia” è quasi un concept-album, ed è inutile precisare quale sia questo villaggio degli orrori a cui si riferisce il titolo e, con esso, tutte le vicende narrate nelle varie canzoni. “Miserabilandia” è, profondamente, un album figlio del proprio tempo, intriso di questa retorica arrabbiata e un po’ qualunquista dei nostri giorni, la teoria del “ci hanno mangiato tutto”, del “fate tutti schifo”, del “tanto sono tutti uguali”; canzoni di lotta, certamente, ma che inneggiano più alla rivolta che alla rivoluzione. Perché, attenzione, sono due cose ben diverse: se la seconda è un progetto di un movimento sotterraneo volto a sovvertire un potere costituito per innalzarne un altro (si spera più civile e democratico), la prima è invece un’esplosione estemporanea di cieco furore non organizzato destinata a evolversi nel caos. Caos che invece, fortunatamente, non c’è nelle efficaci e curate trame sonore di questa band: quindi, dovendo valutare mediante le aride cifre, diciamo tranquillamente un 8 alle musiche e un 5 ai testi. La media è comunque una sufficienza bella piena.

Alberto Sgarlato

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