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22 Gennaio 2015

Jump The Shark IUVENES DOOM SUMUS

2014 - Gallo Rojo Records

Jump The Shark IUVENES DOOM SUMUS I Jump The Shark sono un’ottima formazione italiana capitanata dal sassofonista veneto Piero Bittolo Bon arrivata al terzo disco e al settimo anno di carriera. Questo “Iuvenes Doom Sumus” succede, infatti, ai precedenti “Sugoi Senta! Gatta!” del 2009 e “Ohmlaut” targato 2011, senza stravolgere più di tanto i colori della tavolozza, che rimangono devoti al jazz, all’impro soprattutto, e all’impostazione da big band jazz. L’etichetta rimane, anche al terzo episodio, la nostrana Gallo Rojo Records e le registrazioni, che si sono tenute nel gennaio scorso vicino a Pisa, sembrano piuttosto curate, sicuramente la produzione è migliore e più elegante di quanto lo sia la media dell’underground italiano. (Tralasciando un artwork piuttosto scadente, a parte l’immagine in copertina.)

 

L’improvvisazione che è alle fondamenta dell’album produce comunque una miscela piuttosto compatta, per nulla slegata al suo interno, tanto che chi ascolta non rimane spiazzato da una continua metamorfosi. Il jazz che suonano i Nostri sa essere peculiare viste le influenze funky, gli influssi progressivi e qualche ammiccamento rock ed anche godendo di un’ottima scrittura alla base, che non ha bisogno di ripararsi nel jamming per alzare la soglia o stuzzicare chi sta dall’altro capo della cuffia. Dieci tracce, un sound che sfrutta tutta l’ampiezza che può dargli una formazione così piena, ma, come è giusto che sia nel jazz, con contorni definiti e chiari, senza che siano sbavati o frantumati da un’eccessiva e “paracula” devozione al free. Free e big band, dunque, sì; ma nulla a che vedere con la big band per eccellenza dei giorni nostri, ovvero quei Fire! declinati in salse svariate e sempre convincenti, e saldamente capitanate dallo svedese Gustafsson. Non c’è quella prepotente matrice sperimentale, quella ricerca, anche ostentata, di superare il noto. C’è, piuttosto, una capacità di servire all’ascoltatore un disco fresco, anche se già visto. Perciò non vi aspettate di trovare nulla di avanguardistico, ma neanche la solita polpa già masticata. Che, vista la carenza di risorse economiche e sociali nella musica italiana di oggi, è un risultato quantomeno apprezzabile

Simone Pilotti

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