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17 Agosto 2013

Novadeaf HUMORESQUE

2012 - DreaminGorilla records

Novadeaf-HumoresqueHumoresque” è il titolo che i pisani Novadeaf scelgono per il secondo album, dopo l'autoprodotto “The youth album” del 2008. I membri del gruppo sono Federico Russo, voce chitarra e tastiere, che è anche autore dei brani, Luca Guidi, chitarre, tastiere, glockenspiel, Fabrizio Balesi, basso e Ernesto Fontanella batteria. La musica del gruppo non è, e questo è un merito, facilmente etichettabile. La tecnica notevole dei musicisti dà un eco di progressive rock, ma influenze new wave non sono estranee. I testi sono spesso socialmente impegnati, per esempio Man on fire è dedicata allo scrittore siciliano Alfredo Ormando, che nel 1998 si diede fuoco in segno di protesta contro l'omofobia del Vaticano, e il gruppo ha partecipato a una compilation dedicata alla Resistenza e ha vinto l'anno scorso il premio Amnesty Italia Emergenti. Il disco si apre con la rullata di una batteria torrenziale, e spesso una narrazione epica, memore di certo rock mancuniano anni '80 (The Chameleons, chi se li ricorda?) innerva le canzoni. In It ends with a smile le chitarre partono pulite e arpeggiate come nella new wave più classica per poi evolvere in un giro sincopato. Contrasti di questo tipo appaiono in tutto il disco, come nell'iniziale Spoliled, in cui tastiere di stampo prog si alternano con sprazzi di chitarra wah wah. Fall from grace together è il pezzo più manifestamente anni '80, con un forte attacco di chitarre distortissime e il basso che  procede torrenziale, intrecciandosi con le chitarre che cambiano spesso gli effetti usati, mentre la voce si avvicina al falsetto. I brani, sebbene non molto lunghi, sono articolati e costruiti con variazioni interne di ritmo e arrangiamento. Possono partire veloci per poi rallentare come il brano appena citato, o avere un inizio lento, che si alterna con accelerazioni e rallentamenti, come Wintertown, o An intruder, brani di sapore prog anche se non assimilabili agli stereotipi del genere. Le tastiere liquide e il drumming frammentato che danno vita a Reconstruction of the body, il brano più atipico rispetto al resto dell'album, ci fanno cambiare ancora panorama, ci avviciniamo a materiali più tipici della fine del secolo. Il cantato ha accenti gabrieliani ed hammiliani. Non per fare i soliti critici tuttologi, ma ascoltando questo disco ci viene in mente un'altra band inglese dimenticata, i Long fin Killie. Sarà una somiglianza casuale? Gli ingredienti sono gli stessi, un'attualizzazione di vari stili canonici del rock inglese. Il pregevole artwork è curato da Susanita. Disco riuscito, che si ascolta molto volentieri, unico neo la pronuncia un po' scolastica della lingua inglese. 

Alfredo Sgarlato

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