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16 Maggio 2015

Not A Good Sign FROM A DISTANCE

2015 - AltrOck

Not A Good Sign FROM A DISTANCEAltrOck è un’etichetta specializzata in tutto quanto concerne l’anima più intellettuale, raffinata e concettuale del rock progressivo, quella cioè scevra da manierismi sinfonici da un lato o da tentazioni hard dall’altro e, in questa ricerca di proposte di alto livello rientrano a pieno titolo questi Not AGood Sign, che giungono con “From a distance” al secondo album. Nati da una costola degli Yugen, nome di tutto rispetto nel panorama progressivo italiano, questi NAGS (come spesso essi stessi si firmano) possono essere considerati una vera e propria “all stars band” o, com’era di moda dire negli anni ’70, un “supergruppo”: accanto ai due Yugen Paolo “Ske” Botta alle tastiere (autore anche di lavori solisti) e Francesco Zago (che proviene dai filogenesisiani The Watch e vanta anche collaborazioni con i Gran Turismo Veloce) troviamo il cantante genovese Alessio Calandriello, dei La Coscienza di Zeno, mentre l’altro “coscienzioso” genovese, il bassista Gabriele Guidi Colombi, che aveva inciso con i NAGS il primo album, qui cede il ruolo ad Alessandro Cassani. Dietro i tamburi, un altro “stakanovista” del prog italiano: è Martino Malacrida, che suona anche con i Syndone di Torino e la Alex Carpani Band.

 

Facendo la somma di cotanti ingredienti, o meglio di simili blasoni, il risultato non può che essere ottimo: sicuramente i NAGS sono molto più diretti, rispetto ad altre produzioni AltrOck, ma non per questo affatto “faciloni” o ingenui; anzi, la loro proposta riesce a catturare simultaneamente il cuore e il cervello dell’ascoltatore, il primo con l’intensità emotiva delle composizioni e il secondo con la cura dei dettagli e la ricercatezza stilistica. La chitarra di Zago è sopra ogni altra cosa debitrice del “nervosismo” del Robert Fripp di “Red”, ma nei momenti più rilassati non dimentica le esperienze trascorse con The Watch, band dalle sonorità profondamente affini ai Genesis; Botta, invece, ci regala veloci arzigogoli organistici che a tratti evocano i Gentle Giant, mentre la delicatezza delle sue parti di piano elettrico ricorda le espressioni più melodiose del Canterbury Sound, come Hatfield and the North e, ovviamente, come degno supporto al tocco crimsoniano di Zago, non mancano liquidi tappeti di archi del Mellotron. Calandriello, che i fans della Coscienza di Zeno ben conosceranno, alle prese con la lingua inglese scelta da questa band, svela capacità espressive inaspettate, cerca meno l’acuto e l’ipertecnicismo rispetto alla band di provenienza e costruisce linee melodiche a tratti persino di vago sapore new-wave, come in Flying over cities o in Pleasure of drowning. Centratissima, infine, la scelta dei NAGS, in piena controtendenza con la ben nota prolissità del genere, di realizzare un disco costituito da 10 tracce da 5 o 6 minuti di durata media. Un plauso a Botta anche per aver curato la veste grafica del tutto, perfettamente in linea con il gusto e l’eleganza della musica. In conclusione: un disco che rompe gli schemi e, proprio per questo, ha le carte per piacere a tutti, dagli innovatori ai nostalgici, dai collezionisti di prog-rock a chi vi si avvicina per la prima volta. Da avere.

 

Alberto Sgarlato
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