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26 Febbraio 2016 , , ,

Toot ERROR 404

Gennaio 2016 - Sostanze Records,

Il trio laziale dei Toot, in attività dal 2011, esordisce in tempi relativamente brevi (soli cinque anni di “gavetta”, come si diceva una volta) con questo album di funk acido ad alto tasso di elettronica. Nonostante la formazione si basi su uno schema-simbolo del rock più roots, più asciutto e più sincero, cioè chitarra/basso/batteria, il risultato è invece un sound ballabilissimo, molto ritmato, che per brevi tratti qua e là ricorda molto la new wave anni ’80 che maggiormente flirtava con la black music e con l’r’n’b, persino con volenti o nolenti ammiccamenti new romanthic (dopotutto in quanti si ricordano che persino i Duran Duran e gli Spandau Ballet, prima dei singoloni scalaclassifiche, avevano debuttato con un bel sound funky molto asciutto?); ma forse, alla fine, il riferimento più presente nei Toot è quello della scena di Manchester e di Liverpool dei primi anni ’90: nomi come EMF e Stone Roses, Blur e Jesus Jones, che riuscivano a far confluire nelle loro produzioni la lezione sì della new wave, ma anche la dance, echi di krautrock dei Can, melodie imparentate alla lontana con i Beatles, rarefazioni acide molto barrettiane.

 

Sì, nei Toot c’è tutto questo e anche molto altro: perché tutto questo calderone di influenze di prima, seconda e terza mano qui elencate, in realtà viene riletto con arguzia, svecchiato, ripulito o sporcato secondo le esigenze. Ne nasce un album profondamente attuale, molto “figlio del suo tempo”, con suoni freschi e brillanti. Everyday Is a Struggle prende nettamente le distanze da tutto quanto appena elencato e diventa un potente inno rap italiano, duro e stradaiolo quanto basta, ma pesantemente contaminato con dub e raggamuffin. A dir poco spiazzante, subito dopo, ritrovarsi scaraventati nel punk dalle venature western della title-track, anch’essa attraversata da arpeggiatori elettronici quasi alla Moroder.

Sì, alla fine i Toot sono proprio bravi: dimostrano di avere idee chiare, solide basi culturali e una padronanza di molteplici linguaggi così tanto diversi tra loro da non annoiare mai ma, al contrario, da essere ancora capaci di stupire in un’epoca musicale dove stupire è sempre più difficile.

Alberto Sgarlato

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