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16 Gennaio 2013

Flower Flesh DUCK IN THE BOX

2012 - Black Widow

DUCK Flower FleshLa musica progressive ha sempre incontrato nel nostro paese una selva di appassionati fedeli e gelosi dei propri eroi musicali. Nei 70' nomi ultrafamosi come Genesis, VDGG, Yes e Gentle Giant, ne dico quattro a caso, sono stati in pratica adottati dall'Italia e fatti oggetto di culto. Era inevitabile che tanto amore per il genere portasse alla formazione di un vero e proprio esercito di epigoni e sono stati talmente tanti i nostri gruppi all'epoca che non sto qui a farvi l'elenco. Il progressive da noi è un amore che non finisce e quindi ci sono state in seguito altre ondate di revival prog, di portata molto inferiore alla precedenti ma di buon livello, vedi gruppi come Eris Pluvia e Ezra Winston. La Black Widow di Genova, con sede nella gloriosa Via del Campo, è nata proprio in quegli anni, ad inizio novanta, con un catalogo indirizzato verso le rarità, le ristampe ed in genere i dischi da collezione, insomma il piatto preferito per definizione dai patiti del prog. Con questo giungiamo ai Flower Flesh, gruppo dell'area di Savona, che proprio la Black Widow ha aiutato in questo disco d'esordio, "Duck in the box", al solito completamente autofinanziato.

 

Si potrebbe bypassare l'imbarazzante copertina, solitamente fondamentale e molto curata nei dischi di questo filone musicale, se il contenuto musicale fosse più convincente. I Flower Flesh sono in cinque, Daniel Elvstrom voce solista,  Andrea Fazio batteria, Ivan Giribone, basso,  Marco Olivieri, chitarre ed Alberto Sgarlato ai Synthesizers. Anche nei leggendari, per il prog, anni settanta le nostre bands si riconoscevano dalle altre produzioni musicale europee per i non eccelsi cantanti che avevano in formazione. Era molto frequente parlando fra appassionati sentire discorsi tipo "sarebbe un bel disco, peccato per quella voce …". Ora intendiamoci bene, Daniel Elvstrom non appartiene forse a questa categoria, ma ha dalla sua una pronuncia dell'inglese piuttosto scolastica, e lo spazio dedicato alle parti vocali è eccessivo a mio parere in questo esordio in chiaroscuro. Viene da sorridere leggendo nel booklet del cd  il poderoso arsenale di strumenti che i nostri maneggiano nei quaranta minuti del disco, a cosa serviranno se poi lo spazio a loro dedicato non è certo esorbitante, soprattutto in considerazione della lunghezza di certe composizioni.

 

flowerfleshliveLa finale Scream and die è indicativa in tal senso, è un  gran bel pezzo prog proprio quando entrano chitarra e tastiere, per un finale solenne e maestoso. Lo stesso non si può dire del debole opener Falling in another dimension, ma anche la lunga My gladness after the sadness dopo una promettente apertura pianistica stile Tony Banks sfocia presto in una banale canzone. La seconda voce, questa in italiano, di Marco Olivieri e la buona tecnica dell'insieme rimediano solo in parte alle deboli parti vocali. It will be end ma pure Antarctica strizzano l'occhio ai Dream Theater, se magari ci fosse Petrucci però, ed anche God is evil (like the devil) ha un bel giro di tastiere, come brano solo strumentale sarebbe stato ottimo. The race of my life, sorta di piccola suite in 5 movimenti, è un pezzo che ricorda molto il sound di certe nostre formazioni dei settanta, sarà per la voce in italiano, ma di sicuro è tra le cose più gradevoli del disco. Diciamo allora sette alla tecnica strumentale, un sei stiracchiato alle composizioni ed un giudizio meno positivo per le parti vocali. Alla prossima Flower Flesh, magari con un bel disco strumentale e con un diverso grafico dietro le quinte.

 

Ricardo Martillos

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