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19 Gennaio 2013

Sunday Recovery COMA

2011 - Mazepa

sunday-recovery-comaSunday Recovery sono band inglese o italiana? La risposta esatta è: italiana, ma soltanto per i nomi (Gianluca Cucchiara, Mirko Petrini, Fabio Staffieri, Emanuele Nazzarro e Alessio Barelli). Di fatto inglesi perché hanno maturato le loro esperienze musicali più significative in Terra d’Albione, perché hanno il loro nume tutelare in Colin Edwin, eccellente bassista che nasce nel mondo del jazz-rock ma raggiunge la celebrità affiancando il proprio nome a quello di Steven Wilson nei Porcupine Tree, e poi per tutto il resto, le sonorità, lo stile, la voce,  nulla farebbe pensare a una band italiana.  Ma forse il risultato finale in realtà è più americano che inglese: il  vero manifesto di “Coma”  (disco uscito circa un anno e mezzo fa) è I know better, che inizia con un arpeggio acustico molto Nirvana-style e poi si sposta su suoni e atmosfere che ricordano tantissimo i Puddle of Mudd.

 

La title-track, con il suo inizio “sussurrato” è forse l’unico momento che potrebbe in qualche modo accomunare i Sunday Recovery con i Porcupine Tree, nonostante il loro legame professionale con Colin Edwin. Per il resto, nessuna parentela in realtà. In front of you, con la sua intro “sinfonica”, quasi da musical, apparentemente uscita dalla penna di Cole Porter, si stacca molto dalle atmosfere dei brani precedenti, anche se la matrice rock è sempre ben presente. Sarà solo una strana coincidenza, ma la voce e il cantato, in questa traccia, non possono non ricordare a chi lo conosce il timbro del “geniaccio” svedese Roine Stolt (Flower Kings, Kaipa, Transatlantic). Altro momento soft, stavolta di gusto “cameristico” è Press play on tape, tra Beatles e Syd Barrett.

 

Qui la band stacca gli ormeggi dai lidi dell’hard rock che riecheggiava in talune sfumature qua e là, per lasciarsi cullare dalle placide onde della psychedelia e, persino, del prog-rock. Gli arpeggi chitarristici tipici della rock-ballad li ritroviamo in Another place, mirabile esempio di come si possano fondere assieme due generi così diversi tra loro come lo shoegaze ed il grunge conservando intatto il mood di entrambi. Pornstar è l’episodio più surreale e stralunato del disco: immaginatevi gli Stray Cats che suonano una cover dei Primus ripulendola da tutte le inutili autocelebrazioni del trio di Les Claypool. Il risultato è davvero accattivante (gemiti inclusi).  In un panorama fatto sempre di più di musicisti che si adagiano su uno stesso clichè ecco un disco finalmente vario ed eclettico, nel quale ogni traccia vi catturerà e vi lascerà qualcosa dentro. 

 

Alberto Sgarlato

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