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4 Dicembre 2014 ,

Captain Mantell BLISS

2014 - Dischi Bervisti, Overdrive Rec, Dreamingorilla Rec, Xnot You Xme

Captain Mantell BLISS Davvero bizzarra, la storia del nome dei Captain Mantell: nel 1948, infatti, numerosi testimoni oculari, non solo tra la popolazione civile, ma anche tra le forze armate, dichiararono che il capitano Thomas F. Mantell Jr., dell’aeronautica militare americana, a bordo del suo caccia P-51 “Mustang”, fosse morto mentre inseguiva un disco volante, nella collisione con esso. Verità o leggenda, non lo sapremo mai; vero è, invece, che lo sfortunato pilota era un quasi perfettamente omonimo di Tommaso Mantelli, ideatore di questo progetto musicale. Giunti al loro quinto album, “Bliss”, i Captain Mantell si stabilizzano in una formazione retta da due eccellenti polistrumentisti, il già citato Tommaso Mantelli (chitarra, voce e basso) e Sergio Pomante (sax e tastiere), e completata dal drumming colorato e tribale di Mauro Franceschini.

 

L’album parte come se fosse un live, con tanto di oceaniche folle plaudenti ed enfatico presentatore: vorremmo tanto che fosse vero, ma purtroppo conoscendo bene i “numeri” ricavati in termini di pubblico dalla musica indipendente in Italia, ciò risulta alquanto inverosimile. Difficilissimo etichettare stilisticamente la musica del trio (e già questo è un bene), per la quale si potrebbe coniare la catalogazione di “rock’n’roll del Terzo Millennio”. Se è vero, infatti, che la matrice di riferimento è un solido e inequivocabile rock, figlio di Iggy Pop e, perché no, finanche dei Clash, in ogni brano succede qualcosa che spariglia le carte in tavola, come nell’opener Love/Hate, sorretta da costruzioni di sax figlie dei King Crimson di Cat food e di 21st Century Schizoid Man; fino ad arrivare alla perla di The ending hour, forse l’apice dell’intero disco, che inizia come una rilettura di Personal Jesus dei Depeche Mode riscritta da Nick Cave ma si apre in un meraviglioso, solare, esplosivo ritornello che potrebbe essere stato scritto da Julian Cope e corretto con la penna del vate assoluto David Bowie. Folle rockabilly alla Stray Cats (Dead man’s hand), lo struggimento decadente dei primi Roxy Music, art-rock e new-wave si fondono in un disco dove tutte le tracce hanno, come unico e solo comune denominatore, un tiro incredibile. Musica da ballare, se siete così folli da ballarla.

 

Alberto Sgarlato

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