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2 Aprile 2018

Javarnanda ARCHEOSYNTH

18 settembre 2017 - Sunlover Records

E' musica ispirata alla storia antica, alla preistoria, ai miti e ai misteri, quella di Javarnanda, moniker dietro al quale si cela Filippo Politi, trincerato dietro al “sintetizzatore archeologico” del titolo. Musica elettronica ancestrale? Niente di strano. Del resto il titolo di questa sua seconda opera (la prima è "Soundstripe" del 2015) parla chiaro, mentre il suo motto dichiarato è che per guardare al futuro bisogna guardare al passato. Oltre ai richiami, nei titoli dei brani, all'antica Grecia (Pitagora), all'Egitto delle piramidi (Zep Tepi), l'ago della bussola musicale di Javarnanda sembra puntare a quella dance elettronica dai bassi bpm che dalle nostre parti chiamavano ‘cosmic sound’ e che ebbe il suo momento nelle discoteche nei primissimi 80's. Le trame musicali dei brani sono essenzialmente elettroniche e si escludono interventi esterni. I paesaggi sonori evocati sono “d'atmosfera” e di influenza vagamente etnica, e possono dunque rimandare a un Jean Michel Jarre d'annata, a dei Tangerine Dream anni 80 o a un Mike Oldfield dedito esclusivamente alle tastiere elettroniche. Più in generale queste tracce riecheggiano certe produzioni discografiche degli anni ’80 delle quali si sapeva poco o niente, tra italo-dance e le sonorizzazioni del periodo, i cui brani avevano come titoli i nomi di località esotiche o i segni dell'oroscopo: cosmic sound appunto. Dischi come questo “Archeosynth” possono oggi da un lato ispirare tenerezza e simpatia perché fanno ripensare a un mondo di oltre 35 anni fa, da un altro una reazione più tiepida se il settaggio delle timbriche del synth di questi brani prevede poche variazioni. Si tratta di un progetto che può interessare solo agli appassionati del genere, per quanto la gran mole di uscite, anche in questo settore, che affollano la rete (ancor prima dei negozi di dischi) lascia presupporre che Javarnanda possa incontrare delle difficoltà per emergere.

Filippo Tagliaferri

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