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6 Agosto 2012

Nomega Deimos

2012 - Autoprodotto

nomega deimosLa diffusione della musica con l'avvento di Internet ha cambiato radicalmente il nostro modo di avvicinarci ad essa, permettendoci allo stesso tempo di scoprire orizzonti e pianeti sonori che mai avremmo reperito con i normali canali d'informazione. Questo superbo disco proveniente dalla Romania ne è un fulgido e luminoso esempio.  Una terra conosciuta più per le gesta del Conte Dracula che per eroi capelloni e fricchettoni vista poi la repressiva struttura governativa. Urge una doverosa presentazione per i magnifici quattro Nomega da Timisoara, che sono : Darius Mihai Lazuren alle chitarre, George Stocia chitarre e voce recitante, Razvan Lazea-Postelnicu al basso e Sebastian Iosif Baltean alla batteria. Questo "Deimos" è stato registrato in presa diretta, dal vivo in studio, senza sovraincisioni, effetti od altre diavolerie di mezzo. Si compone di soli 4 brani ma con una durata complessiva di circa 70 minuti. Sì lo so, starete pensando che si tratta del solito polpettone neo-prog, figlio illegittimo dei vari Dream Theater, Flower Kings e compagnia bella.

 

Niente di tutto questo per fortuna: partendo da basi stoner i nostri elaborano lunghissime suites nel quale emerge un talento chitarristico davvero sorprendente, un sound prevalentemente strumentale quindi, poche volte fa capolino la voce, più narrante che altro. Nekkara è il potente brano d'apertura, 22 minuti nei quali le due chitarre di Darius e George duellano in maniera superba, verso metà il brano rallenta, la quiete dopo la tempesta (elettrica) mi vengono in mente i Quicksilver di Cipollina e Duncan, la voce srotola parole incomprensibili, ma è tempo di ripartire per altri cinque stordenti e pesanti minuti. Samsara, altri 14 minuti, si apre con basso stile Roger Waters periodo “Ummagumma”, per poi distendersi in un assolo fragoroso, con un pesante uso del wah wah; un pezzo davvero strepitoso per gli amanti della sei corde ma non solo, un trip psichedelico da paura. Mountain Task è il pezzo più breve, si fà per dire, verrebbe da dire Mudhoney se ci fosse anche la voce di Mark Arm: bello il break verso metà brano con svisate elettroniche delle tastiere di Sol Faur, quasi Hawkwind.

 

Chiude il tutto l'interminabile e chilometrica Sengsara, sarebbero 15 minuti, ma sono circa 25, nei quali succede di tutto. Un basso minaccioso tiene inizialmente sul chi vive l'ascoltatore, il brano si snoda vorticoso, comincia ad entrare la solista e la musica cambia, ed allora inizia il fragore psichedelico della lead guitar, un sound che a memoria esibivano tipi come i nipponici Blues Creation, od il 16enne Eric Johnson ed i suoi Mariani. Il brano si ferma al minuto 15 ma nasconde una hidden track, altri 10 lunghi minuti nei quali i rumeni danno un altro saggio di bravura, rallentano la corsa, le chitarre sono meno feroci e più melodiche, una splendida conclusione per un pezzo incredibile. Mi verrebbe da dire il disco killer rumeno di sempre ma rischio di rendermi ridicolo, certamente uno dei migliori prodotti underground usciti quest'anno dai soliti confini d'Inghilterra e Stati Uniti d'America. E chissà se al boia Ceausescu sarebbe piaciuto.

 

Ricardo Martillos

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