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19 Luglio 2013 , ,

Unaltrofestival Unaltrofestival: Tame Impala, Lumineers, Daughter, Melody’s Echo Chamber ... 9-10 Luglio 2013, Circolo Magnolia, Milano


unaltrofestivalCome dice il titolo del festival e come recitava la pubblicità che girava su internet a sua sponsorizzazione, “C'era proprio bisogno di UNALTROFESTIVAL? E per di più proprio a MILANO?”. Beh, quando iniziò a circolare la notizia di questa iniziativa, ancora non si sapeva che sarebbero stati cancellati sia il Rock in Idro che l’Heineken Jamming Festival per cui, considerata poi la line-up che quelli di Comcerto (che si dimostrano insieme al Magnolia sempre più capaci di proposte di qualità) sono riusciti a mettere in pista la risposta direi che non poteva che essere positiva. Inizialmente eravamo un po’ in dubbio se presenziare ad entrambe le serate, in particolare per i nomi che la prima esprimeva, non esattamente di nostro gusto, ma la presenza nella line-up del primo giorno dei Daughter di Elena Tonra alla fine ci ha fatto optare per l’accoppiata e devo dire con piena soddisfazione finale.

 

 

9 Luglio:  Matinèe, Willy Mason, Daughter, Lumineers

 

Andiamo con ordine, la prima serata presenta una line-up un po’ scarna e quando arriviamo i canadesi Matinèe hanno già suonato ed è in corso il set dell’americano  Willy Mason autore di un buon indie-folk cantautorale che  scorre piacevole, ma non ci colpisce più di tanto. Il programma annunciato prevede alle 20.55 il set dei Daughter e dobbiamo subito constatare la puntualità della scaletta di inizio concerti (cosa che da noi raramente accade). La band della Tonra si presenta con formazione a tre, due chitarre e batteria e mentre il sole sta iniziando a calare i britannici ci propongono un set di circa cinquanta minuti prevalentemente incentrato sul disco d’esordio “If you leave” che ci catapulta in atmosfere magiche in un cantautorato di stampo elettronico caratterizzato dalla voce eterea di Elena, mentre Igor Haefeli suona la chitarra con l’archetto (la lezione Sigur Ros èdaughter visivamente limpida) e Remi Aguilella alla batteria stende un tappeto sonoro a volte delicato e quasi impercettibile ed altre invece potente e sferzante. Brani come Still, Youth, Winter, Human e la ripescata dalle prime cose della Tonra, Candles vengono apprezzate in maniera incondizionata dai presenti,  e infatti i nostri sembrano chiaramente sorpresi dalla calda accoglienza loro riservata dal pubblico (è evidente che nonostante la gran parte del pubblico che farà registrare il sold-out della serata sia qui per il gruppo principale, molti sono qui anche per i Daughter) e ringraziano varie volte oltre a ricordarci che è la loro prima volta in Italia. Che dire: concerto ovviamente corto (vuoi perché siamo in un festival e perché la band ha all’attivo un solo disco) ma che è valso da solo il prezzo del biglietto! Cambio palco, la gente ccontinua ad affluire insieme alle zanzare ed alle 22.15 puntuali iniziano i Lumineers, gruppo headliner della serata. Se vi chiedete chi sono, ripensate alla musica di sottofondo di un noto operatore di telefonia mobile e al ritornello di Ho Hey in salsa folk è sicuramente vi torneranno in mente. Non amiamo molto questa ondata indie-folk di gruppi come Mumford & Sons e appunto Lumineers che da noi sembrano aver preso parecchio piede (mentre gruppi di stampo simile ma di classe decisamente superiore come gli Stornoway vengono misteriosamente ignorati) tanto che nel variegato pubblico che mi circonda mi ritrovo a fianco la nonna con la nipote e gruppetti di ragazzotti esagitatati che richiedono a gran voce il tormentone di cui lumineerssopra. Tornando al concerto, i Lumineers si presentano in formazione a cinque, compresa una violoncellista e si dimostrano degli ottimi mestieranti. La band di Denver propone un sound fatto di incroci tra l’indie-folk, il country e venature blues (come nella cover del brano di Dylan Subterranean homesick blues) che il pubblico, il quale con mia sorpresa dimostra di conoscere parecchie canzoni, apprezza. Scorrono così brani come  Flowers in your hair, Darlene ed Eloise (eseguite con l’intera band scesa in mezzo al pubblico con una mossa programmata tanto che la stanno facendo in tutto il tour), Stubborn love, Charlie Boy, Flapper girl per concludere dopo circa un’ora e quaranta con la richiestissima Big Parade. Alla fine il nostro giudizio è senza infamia e senza lode: per carità, buoni musicisti, capaci anche di coinvolgere il pubblico con coretti e dialoghi, ma la sensazione è di qualcosa che per quanto gradevole si dimentica in fretta senza lasciare particolare traccia anche se siamo convinti non la penseranno così le almeno cinquemila persone accorse stasera. In definitiva le nostre perplessità sulla prima giornata (ma dovute esclusivamente a gusti personali) si sono dimostrate fondate, ma per fortuna i Daughter da soli hanno sollevato di almeno tre tacche il livello.

 

 

10 Luglio: Local Natives, Melody’s Echo Chamber, Deap Vally, Tame Impala

 

local nativesSeconda giornata, tempo più incerto, sempre un gran caldo ma pioggia che nel pomeriggio si fa intensa: per fortuna non al punto da compromettere la serata. Questa seconda parte è decisamente più ricca della prima con ben sei bands all’appello. Quando arriviamo sono le 20.30, abbiamo deciso di saltare sia gli Hot Gossip che gli Orange (il gruppo di Francesco Mandelli de I Soliti Idioti, tanto per farvi capire chi è, avendo già avuto modo di vederli live altre due volte a supporto di altri gruppi, senza peraltro convincerci) per arrivare per tempo per i Local Natives, gruppo aggiunto alla line-up all’ultimo momento (probabilmente avevano una data buca visto che qualche giorno prima erano al Sexto Unplugged in Veneto:  ma chi se ne importa visto il buon livello del set che hanno proposto). Suonano una quarantina di minuti sul palco più piccolo allestito per questa serata per i gruppi “minori” e per far sì che la gente non debba aspettare tra un cambio palco e l’altro ma possa godersi musica anche diversa da un set all’altro. I Losangelini ci propongono il loro sound indie-rock a volte potente e a volte più intimista caratterizzato dalle due voci di Taylor Rice e Kelcey Ayer (che ci dicono entusiasticamente di aver scoperto questa sera il calciobalilla, per cui chi è interessato a sfidarli si faccia avanti!) e dal continuo scambio di strumenti tra i cinque musicisti. Il pubblico presente (ancora non tantissimo) mostra di gradire e anche a noi  il set della band americana è sembrato molto ben suonato e partecipato. Ci spostiamo rapidamente al palco principale dove poco dopo iniziano il loro set i Melody’s Echo Chamber che altro non sono che il nuovo progetto della cantante francese Melody Prochet, fidanzata di Kevin Parker, cantante dei Tame Impala e suo produttore. E bisogna dire subito che nel mix di dream-pop elettronico, shoegaze e rock psichedelico, la mano di Parker si sente melodyeccome. In particolare nelle jam strumentali che arrivano in chiusura a diversi dei brani proposti dalla nostra  come Endless Shore, Some time alone o la francese Bisou magique  fino a culminare nella lunga jam finale che vede salire sul palco anche membri dei Tame Impala, il cerchio si chiude e ci prepara a quella che sarà l’atmosfera della serata. Live ben suonato ma che ci lascia un po’ così, tra il piacevolmente impressionati e gli annoiati (per la serie, “Ok, due/tre pezzi ci stanno bene ma tutto un disco magari anche no”). Atmosfera che pensa il set delle Deap Vally a spezzare per un’altra quarantina di minuti in cui le due ragazzotte di Los Angeles voce/chitarra e batteria in stile White Stripes ci propongono un rock anni ’70 caciarone e rozzo quanto basta  da catapultarci in un raduno di Harleysti, ma comunque suonato sempre in maniera precisa e molto apprezzato dal pubblico che si è assiepato per assistere alla loro performance. Scorre gradevole mentre la  ascoltiamo un po’ distratti, per cui il giudizio alla fine è positivo anche perché, lo  ammettiamo, le conoscevamo davvero poco. Arrivano così le 22.45, orario programmato per il concerto degli attesissimi australiani Tame Impala. Il Magnolia è di nuovo pieno di gente (anche se non al livello della sera prima, ma la cosa ci stupisce comunque positivamente) mentre i nostri, formazione a cinque, guidati da Kevin Parker, ci immergono subito nello psych-rock elegante e sognante dei loro due lavori pubblicati fino ad oggi, pescando prevalentemente dal nuovo “Lonerism” piuttosto che da “Innerspeaker”. Scorrono così in un ideale greatest hits brani tame impalacome Apocalypse dreams, Mind MischiefMusic to walk home by, la bellissime e sognanti Elephant (proposta quasi subito in scaletta) e Feels like we only go backwards. Pubblico meno caciarone della sera prima e più attento a cogliere ogni sfumatura sonora perfettamente disegnata dai nostri su una tavolozza lisergica degnamente accompagnata da visual di sfondo davvero colorati e bellissimi. Kevin ringrazia varie volte il pubblico, scherza  ricordandoci che è difficile salire su un palco dopo una band francese (quella della fidanzata) perché dice “I Francesi sono sempre vestiti in maniera molto figa mentre invece io ho questi orrendi pantaloni viola”. Escono e rientrano per una chiusura tutta jam session iniziata con l’assolo del batterista Jay "Gumby" Watson in Auto Prog 3 e che termina con la lunghissima proposizione di Nothing That Has Happened So Far Has Been Anything We Could Control  alla cui mega jam finale partecipano anche i membri dei Melody’s a restituire il favore precedente. La band ci saluta e la sensazione è che questa è una di quelle serate che ti ricorderai per un bel po’, vuoi per le atmosfere magiche raccontate dal gruppo di Perth, vuoi per la bella cornice di pubblico e infine perché sicuramente i Tame Impala hanno dimostrato che live sono una della band del momento: probabilmente, nonostante un genere non esattamente “facile” hanno tutte le carte in regola per raggiungere vette ancora più alte.

 

Ubaldo Tarantino
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