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1 Giugno 2013

Savages + Johnny Hostile 21 Maggio 2013 , Circolo Magnolia, Milano


savagesEra uno degli eventi indie più attesi di questa prima parte dell’anno il concerto delle londinesi Savages, al loro debutto discografico con il recentissimo “Silence yourself ”,  e devo dire subito che l’attesa e le aspettative non sono andate deluse. Ma andiamo con ordine: arriviamo al Magnolia che sono circa le 22 e già con somma sorpresa ci accorgiamo che il palco riservato per il concerto non è quello esterno più piccolo ma quello interno al locale, tipicamente utilizzato in inverno o per eventi che si presuppone non richiamino tantissimo pubblico. Dopo circa venti minuti inizia il set del musicista di supporto, Johnny Hostile che altro non è che il fido collaboratore della band nonché la metà del duo John & Jehn, precedente gruppo in cui militava la cantante delle Savages Jehnny Beth (non fatevi tradire dal nome perché la ragazza è francese e all’anagrafe fa Camille Berthomier), che propone un set di una mezz’ora circa che per la verità, seguiamo un po’ distrattamente. Sono da poco passate le 23 e mentre ci stiamo per avvicinare al palco, le nostre iniziano quasi a sorpresa con City’s full ed il primissimo impatto, forse complice anche la posizione che abbiamo, un po’ defilata rispetto al palco, non è delle migliori, il suono sembra un pochino zoppicante ed il cantato un po’ insicuro, ma è solo una impressione e totalmente sbagliata perché mentre riusciamo a  guadagnare una posizione più centrale le quattro ragazze attaccano con il secondo brano Shut Up e qui sì capiamo chi abbiamo di fronte. 

 

Devo dire che la sorpresa che ci accompagna per tutto il set è enorme, le ragazze hanno un gran tiro, riescono a creare un'atmosfera davvero intensa e ricca di tensione emotiva per tutto il set, e cosa che più mi interessava capire, sanno davvero suonare. Infatti, una delle nostre maggiori remore su tutti quei gruppi (in particolare inglesi ma non solo) che vengono subito osannati dalla stampa inglese come la Next Big Thing, che solitamente suonano davvero bene nel debut album, è che poi si rivelano piuttosto carenti dal vivo,savages salvo magari migliorare col tempo. Ma qui siamo già ad un altro stadio, queste ragazze sono già ad un livello tecnico altissimo, la bassista  Ayse Hassan ha un incedere basilare quanto possente nello scandire note profonde con il suo basso suonato ad occhi chiusi con le tipiche movenze alla Peter Hook mentre la batterista  Fay Milton suona cassa dritta come un treno scuotendo la testa in uno sciamanico percuotere lo strumento rituale. La chitarra di Gemma Thompson disegna di volta in volta trame soniche pulite e penetranti mentre la voce di Jehnny Beth scandisce la corsa inarrestabile del treno che viaggia sul binario del post-punk più oscuro. Proprio la voce di Jehnny  può risultare un po’ monotona nel suo essere monocorde, ma le ragazze sono ancora all’inizio e c’è da giurare che potranno solo migliorare. 

 

Certo, intendiamoci, nulla di originale nel sound che non sia stato già fatto da molte bands negli anni ’80, ma qui è riproposto in maniera fresca e coinvolgente in quello che al momento è il miglior esempio di reinvenzione del post-punk alla faccia di Editors, Interpol, White Lies e compagnia. Per darvi un’idea, immaginate che sia stata ritrovata una mina inesplosa dal 1979 e che venga fatta brillare ai giorni nostri ed avrete la fotografia della 2013 Coachella Valley Music & Arts Festival - Weekend 2 - Day 2serata, ambiente ristretto ed affollato (di pubblico ce ne era davvero parecchio per la serata ed alla fine abbiamo ringraziato della scelta di metterle in quel palco perché lo spazio ristretto ha contribuito alla riuscita), sudore che traspirava dalle pareti, fumo che avvolgeva le musiciste che così beneficiavano di un effetto molto Sisters of Mercy, così come la Thompson perennemente in ombra ci ricordava tantissimo l’iconografia dei Jesus & The Mary Chain; una tensione che ci ha accompagnati per tutto il tempo. Alla fine, con qualche parola in italiano, ci annunciano che sono per la prima volta in Italia e ci chiedono di tradurre i titoli di un paio di loro brani; il set termina con dodici canzoni per una cinquantina di minuti totali e veniamo colpiti da un’altra cosa: le Savages hanno già una scaletta che funziona alla perfezione con un solo album! Forse avremmo preferito l'inizio con Shut Up che dà subito un pugno allo stomaco, ma, probabilmente la loro scaletta non è fissa, e se pur con pochi brani, li fanno ruotare di data in data.

 

Hanno già anche il brano di chiusura parzialmente strumentale, circa dieci minuti di durata, la ipnotica Fuckers. Il concerto finisce ma la gente non vuol saperne di andarsene e noi con loro, ma nonostante passino alcuni minuti sfortunatamente le nostre non escono più. Ci allontaniamo e tra i vari commenti la sensazione che emerge è di aver assistito ad uno dei concerti dell’anno. Eravamo parecchio scettici visto l’enorme hype scatenatosi attorno a queste ragazze ed ad un disco che pur suonando davvero bene, lascia ancora intravvedere una strada da intraprendere in maniera sicura (la finale Marshal Dear, nonsavages eseguita live, lascia intravvedere qualcosa in tal senso), ma ogni possibile dubbio è stato fugato. E' probabile che la prossima volta che vedremo queste ragazze da noi sarà in una location più grande perché il pubblico sarà cresciuto a dismisura (vedasi i The Xx che ora suonano davanti a migliaia di persone) e questo potrebbe inficiare l’atmosfera che un concerto di questo tipo riesce a creare. Il nostro consiglio è di andarle a vedere dal vivo alla prima occasione, perché come nella miglior tradizione post-punk il disco suona bene ma è la dimensione live quella per cui queste ragazze sembrano nate.

 

Ubaldo Tarantino
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