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2 Maggio 2012

MONTE MECCANO + FATHER MURPHY 5 aprile 2012, Traffic, Roma



Monte MeccanoMonte Meccano

La sala del Traffic si presenta purtroppo semivuota nel momento in cui i Monte Meccano salgono sul palco. La band electro-industrial-dub proveniente da Roma si autodefinisce “un’ipotetica loggia massonica dell’underground romano” ed è solita suonare nascosta da maschere nasone per mantenere un rigoroso anonimato. Il nome della band rimanda ad una commistione di industrial ed esoterismo, evocata da un lato dal nichilismo fatiscente dell’industrial di Monte Cazazza e dall’altro dal simbolismo meccanico delle ruote dentate, dei compassi e dei regoli e di tutto l’immaginario massonico. Le sonorità della band sono rese liquide da un massiccio uso di elettronica e sintetizzatori che canalizzano il messaggio esoterico all’interno di canoni dub e downtempo. Il live prende avvio con Mac morto I, brano caratterizzato da una litania oscura e rituale, mentre Mac morto II prende forma attraverso caratteri allucinati e psichedelici.

 

L’elettronica la fa da padrona nei successivi Lagosecco e Noise n drama mentre Esodub è una fusione opaca e inesplicabile di esoterismo e dub. Ma può essere decisamente fuorviante lasciarsi condizionare dall’idea che il pensiero massonico, legato ad una visione universalistica di perfezionamento del genere umano, possa proporci esclusivamente una immagine positiva della verità nascosta. Infatti l’iniziazione all’occulto professata dai MonteMonte Meccano LIVE Meccano mostra al contrario il lato oscuro ed autodistruttivo della rivelazione, come ben rappresentato dai brani Il buio e dallo splendido finale La fine di tutto, con cui la band chiude il concerto. Scopriamo che la verità occultata non è tanto legata al rinnovamento dell’individuo e dell’umanità, ma al contrario alla presa di coscienza (decisamente angosciosa) dell’apocalisse e della catastrofe prossima a venire. Una cosmogonia esoterica per nulla rassicurante. Un percorso iniziatico per certi versi eversivo. (Felice Marotta)

                                                   

 

Father Murphy

Non saprei dire assolutamente quanto è durato il concerto dei Father Murphy. Stando al mio orologio poco più di quaranta minuti. Stando alla mia concezione di tempo nemmeno due minuti, o forse tre. Il fatto è che ascoltare la musica ipnotica e sensoriale del Reverendo Freddy, dei suoi fedeli adepti, Chiara Lee e il vicario Vittorio Demarin, ti fa scivolare giù, in un luogo senza tempo e senza spazio. Il fatto è che assistere ad una loro performance dal vivo è qualcosa che rapisce e assorbe in modo totalizzante, non si può assolutamente vivere con il giusto distacco una simile esperienza, potete crederci! Father Murphy LIVEAspettavo con grande trepidazione questo momento e dopo una serie di rocambolesche peripezie, corse, programmi riveduti e corretti, forzati aggiustamenti logistici ero finalmente lì, nella nuova sede del Traffic. Dovevo ascoltarli e soprattutto dovevo vedere con i miei occhi come avrebbero eseguito i titanici pezzi del nuovo repertorio. “Anyway your children will deny it” (Aagoo Records, 2012) mi sembrava troppo pieno di strumentazione e troppo elaborato nel dosaggio dei tempi e nelle rifiniture del suono per poter avere un’efficacia altrettanto valida nell’esecuzione live.

 

Ebbene mi sbagliavo e non sapete, non immaginate nemmeno di quanto. Un’immersione completa in una trance estatica dalla forza magnetica incontenibile. Una specie di seduta spiritica in cui il medium che presidia la cerimonia trascina dentro fumi esoterici di non ritorno tutti i partecipanti inducendoli alla catalessi. Una furia devastatrice, un suono imponente, denso e cupo come i fanghi di una palude. Un moto ondulatorio squassante che sballotta con sciabordate indolori tra oppressione e adulazione, tra incredulità e deferenza. Nessuna amplificazione, una chitarra, una tastiera e la batteria rivisitata e corretta dell’immenso, geniale Demarin, sono la scarna carcassa da cui prende vita l’alchimia surreale, intensa e smisuratamente potente, di una commistione esplosiva.

 

Muri massicci, scuri come antracite di un’immaginaria cattedrale gotica, si stagliano sopra le teste attonite, poi improvvisi squarci di luce e riverberi. His face showed no distorsions mi fa giusto pensare ad un’immolazione consensuale, si sentono solo le martellate e si immaginano solo i lunghi chiodi che trafiggono mentre si rimane impassibili e assorti.Father Murphy LIVE  It is funny, it is restful, both come quickly sono vibrazioni perforanti che ci rivelano tutto il nostro perverso masochismo. La scaletta dell’ultimo album viene sgranata episodio per episodio con ordine meticoloso come nell’austerità solenne di un rosario. L'arcano del fruscio e della eco ridondante di How we ended up with feelings of guilt è svelato  dalla funzione polivalente della batteria con un timpano sfiorato da una serie di bacchette legate insieme da un nastro. I colpi secchi, gli inserti rumoristi con strumenti improvvisati sia metallici che di legno, le graffiate di chitarra, la perfetta sincronia delle voci sono un mantra vedico che monta, un’onda che inghiotte. Tutto è destrutturato e tutto sembra essere fatalmente equilibrato e precostituito come in una profezia.

 

Tutto si scardina e tutto ritrova nuova simbiosi e sorprendente amalgama nella catarsi finale. We now pray with two hands we naw pray with true anger tra campanacci, percussioni impazzite, urli, crescendo incandescenti e silenti planate, un magistrale e graduale accompagnamento fino al silenzio di tomba. Il più angosciante, quello del risveglio. Father Freddy Lee in tutto il suo burroughsiano, ieratico, carisma scende dal palco e in perfetto trasformismo da cappellaio matto diventa Federico Zanatta. Cordialissimo, sorridente si intrattiene con gli ospiti e con meticolosa quanto inaspettata Father Murphy LIVEcura mi ringrazia per le belle parole usate nelle mie recensioni dei loro dischi. Non posso crederci, c'è tempo anche per bere qualcosa insieme e parlare un po' in allegra compagnia, sono colpita dai suoi modi raffinati e dalle sue argute osservazioni, parla dei loro tour, di alcuni retroscena sulla registrazione del disco, della musica che ama ascoltare e mi fa ridere quando, in atmosfera ormai distesa e amicale mi parla dei proseliti che riscuotono all'estero. Fan scatenate che con audacia chiedono autografi in posti improbabili e che si stupiscono enormemente che siano trevigiani, italiani insomma. Del resto siamo stupiti anche noi, stupiti e orgogliosi. (Romina Baldoni)           

Felice Marotta, Romina Baldoni

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