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8 Ottobre 2012

Leonard Cohen 24 Settembre 2012, Arena di Verona


leonard-cohenIl giorno dopo l’epico concerto dei Radiohead a Firenze, complice lo spostamento di date di entrambi i concerti, mi ritrova all’arena di Verona per l’unica data Italiana di Leonard Cohen. Devo ammettere che non conoscendo moltissimo l’opera del cantautore canadese le aspettative non sono altissime e se poi pensate che sono reduce da un mare di sensazioni/emozioni giusto un giorno prima il mio pensiero è di assistere ad uno spettacolo non particolarmente entusiasmante. Arriviamo così all’Arena intorno alle 20 (abbiamo i posti numerati anche se non  la platea, per cui ce la prendiamo con calma). La cornice dell’Arena devo dire è davvero molto bella sia dall’esterno che all' interno e sicuramente adatta ad uno spettacolo di atmosfera come quello che si preannuncia. Giusto il tempo perché il posto si riempia (non tutto esaurito ma di sicuro molto vicino) che il settantottenne canadese fa il suo ingresso sul palco alle 21 in punto e subito ci annuncia che dato che è l’unica data Italiana del suo tour e che non sa quando ritornerà, lui e la sua band daranno veramente il massimo.

 

Il gruppo è composto da sei elementi più tre coriste (le sorelle Webb e la collaboratrice di Cohen, Sharon Robinson) tutti elegantissimi in perfetto look anni ’40. Leonard, completo gessato e borsalino in capo per tutto il concerto, attacca Dance me to the end of loveleonard cohen seguita da The Future (e mi ritorna alla mente il film di Stone, "Natural Born Killers") e Bird on the wire. Il palco è assolutamente scarno e l’impianto luci basilare e improntato ad evidenziare di volta in volta i musicisti (tutti di altissimo livello tecnico) che si esibiscono in virtuosismi all’interno dei singoli brani con assoli di violino, mandolino, contrabbasso o tastiere. Cohen canta con la sua voce bassa ed intensa con quel tono da chansonnier confidenziale che lo caratterizza e sembra quasi che sia lì a cantare solo per te. La scaletta è un susseguirsi di canzoni famose in una specie di Greatest Hits portato in scena con il giusto mix di mestiere e coinvolgimento (più emotivo che fisico dato che il nostro è, chiaramente, abbastanza statico). Ecco quindi, in ordine sparso, Sister of mercy, Amen, Come healing, Going home fino ad Anthem che chiude, in pieno stile Arena, la prima sessione del concerto durata circa un’ora e  mezza.

 

Leonard ci saluta e ci invita a fare un giro per i prossimi quindici minuti, fino al suo ritorno mentre esce, saltellando, dal palco. In effetti, passano esattamente quindici minuti ed i nostri tornano sul palco intonando Tower of Song, seguita poi nel tripudio generale, da Suzanne ed in seguito da Partizan e dalla marcetta di Democracy. Il pubblico presente, leonard cohen composto prevalentemente da gente dai quaranta in su, sembra gradire molto anche quando c’è spazio per un brano, Come back to you cantato interamente dalle sorelle Webb, brevemente introdotte da Cohen, come la successiva Alexandra Leaving, eseguita magistralmente dalla molto apprezzata Sharon Robinson. Leonard sembra un perfetto direttore d’orchestra che di volta in volta lascia spazio ai suoi musicisti, consapevole del valore aggiunto che apportano e del giusto spazio che meritano oltre al semplice ruolo di comprimari. Arriviamo così alla attesissima Hallelujah, cantata da tutta l’Arena in una cornice davvero suggestiva e alla conclusione del secondo set con Take this waltz.

 

Siamo quasi a mezzanotte e mi viene da pensare che ormai il concerto sia finito, ma Leonard ci regala ancora due set di encore, So Long, Marianne, First We Take Manhattan, Famous Blue Raincoat, la cover dei Drifters Save the Last Dance for Me per concludere con la quasi emblematica I Tried to Leave You, visto che il pubblico sembra davvero non volerlo lasciare andar via, con tutti i componenti della band che a turno si esibiscono in un mini assolo. E’ mezzanotte e mezza e mentre torniamo a casa stanchileonard cohen per il tour de force di questi giorni commentiamo piacevolmente un concerto, quello del Canadese, che ci ha molto positivamente stupito nella sua essenzialità e semplicità nel proporre se stesso e le sue canzoni per quello che sono, racconti di vita anche drammatici e toccanti, ma sempre interpretati con una classe davvero unica che ha influenzato musicisti di varie generazioni a partire dai cantautori di casa nostra. Non so se mi ricapiterà di vederlo dal vivo ma, sicuramente se e quando dovesse ritornare dalle nostre parti mi sento proprio di consigliarvi la serata perché la sensazione è davvero di essere di fronte ad un pezzo di storia della musica. 

Ubaldo Tarantino
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