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28 Marzo 2014

Camel 20 Marzo 2014, Torino, Hiroshima Mon Amour


andrewlatimercamelQuesta band gloriosa non avrebbe potuto battezzarsi in un modo più azzeccato, come la nave del deserto: nonostante l’età e i vari acciacchi, Andrew Latimer e Colin Bass, unici “veri Camel” presenti alla serata, sono stati instancabili. Due ore di spettacolo quelle all’Hiroshima Mon Amour di Torino per celebrare il capolavoro “The Snow Goose”, storico album della band pubblicato nel 1975 e  liberamente ispirato all’omonimo racconto di Paul Gallico. Lo show si è snodato in due tempi ed un bis. Un lungo concerto caratterizzato dalla completa esecuzione di  The Snow Goose durante il primo set, e da una sorta di “the best of” nel secondo. Nonostante la lunga malattia di cui è stato protagonista, Andrew Latimer non ha perso nè la voglia di vivere con grinta il palco, nè soprattutto la sua immancabile simpatia espressa con una lunga serie di siparietti con gli spettatori. Il sound di tutte le parti di chitarra, flauto traverso e voce eseguite dal musicista del Surrey è stato impeccabile e minuziosamente accurato. Per poter comprendere appieno quanto sia stata galattica la performance dei Camel basti pensare che, per tutto il primo set, interamente composto da brani strumentali, gran parte del pubblico era visibilmente in uno stato di trance, gli occhi languidi persi nel vuoto, schiavizzato dalle vibrazioni di un rock progressivo  vintage di cui la band inglese rimane ancora oggi una colonna portante. 

 

Ma l’apoteosi è maturata nel secondo set, con una setlist di brani temporalmente cameltrasversale, da Never Let Go (1973) alla più recente Fox Hill (2002). Nel sold out registrato allo show  gli spettatori anziani portatori di capelli bianchi si sono mescolati, quasi alla pari, con trentenni e giovanissimi giunti da mezza Italia e non solo, per tastare dal vivo un gruppo proveniente da un’altra epoca,  ascoltato sui vecchi 33 giri rubati a papà. Notevoli anche i turnisti che accompagnavano Bass e Latimer, sempre perfetti su canzoni nonCAMEL proprio caratterizzate da strutture semplici: Jason Hart preso in prestito dai Reinassance, ha reso un eccellente omaggio al compianto Peter Bardens, eseguendo inappuntabili  tappeti di tastiera; Gut LeBlanc e Denis Clement  poi non hanno sbagliato nulla in una valanga di brani scritti dai loro predecessori. Decisamente degna di nota in questa occasione anche l’acustica dell’Hiroshima Mon Amour, il mixing eccezionale da qualsiasi posizione all’interno del locale, i livelli gestiti in maniera ottimale, donando così una marcia in più all’intero live.

                                                                                       

Andrea Ghignone
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