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17 Marzo 2012

Leif GW Persson Uccidete il drago

2011 - Marsilio

Gli scaffali delle librerie dedicate ai gialli ormai traboccano di autori scandinavi, gli editori sono alla ricerca di un nuovo fenomeno commerciale inondando il mercato di merce non sempre di alta qualità e rischiando di saturarlo con il continuo lancio “del nuovo grande best seller nordico”: meglio allora andare sul sicuro, come nel caso dello svedese Leif GW Persson, autore che non tradisce, costruttore di mirabili trame e di limpida scrittura. Nei suoi libri Persson, che insegna criminologia e collabora e con la polizia e con i servizi segreti svedesi, punta l’obiettivo sulla polizia del suo paese, individuando il punto critico nelle fallimentari e disastrose indagini sull’assassinio di Palme; ad esse è ispirata la trilogia con protagonista il capo dei servizi di sicurezza Lars Johansson che lo ha fatto conoscere al pubblico italiano.

 

In “Uccidete il drago”  ritorna invece protagonista il commissario Evert Bäkström di “Anatomia di un’indagine”,  razzista, sessista, imbroglione, bevitore e ingurgitatore di quantità industriali di cibo: il nostro è proprio un uomo senza qualità, ma grazie alla furbizia e all’appoggio dei sindacati riesce sempre a farla franca e perfino a condurre in porto le indagini. Appena reintegrato nel reparto investigativo della polizia di Solna, alla periferia di Stoccolma,  Bäkström si trova a indagare sull’omicidio di un pensionato, ucciso in casa in quella che a prima vista sembra la solita rissa fra ubriaconi, ma le apparenze e le conclusioni affrettate sono nemiche della verità, e questa potrebbe nascondersi o fra i criminali che hanno appena tentato una rapina ad un furgone portavalori, o fra le attività non troppo pulite del morto, o nella sua segreta vita privata. 

 

«Una cravatta macchiata di sugo. Il coperchio di una pentola di ghisa e un comune martello da carpentiere con il manico rotto. Questi i tre reperti più interessanti che i tecnici della scientifica della polizia di Solna trovarono sulla scena del crimine [...]. Quanto al martello, fu presto appurato che non era stato adoperato per uccidere»

 

 

Persson ci fa seguire passo passo lo sviluppo delle indagini, mostrandoci con realismo il modo di agire dei poliziotti, la conduzione  degli interrogatori, di come spesso pregiudizi, approssimazioni, opportunismi finiscano per condizionarne l’esito. Un corpo di polizia nel quale coesistono uomini e donne coscienziosi e attenti con altri corrotti e inetti. Ma anche la società appare popolata da individui spesso meschini e mediocri, concentrati solo sul proprio interesse personale. Su tutto prevale comunque la grande qualità della scrittura che ti avvinghia e coinvolge, che in pochi tratti disegna  e rende vivi i personaggi che popolano il libro, ti fa entrare nelle loro vite e nelle loro teste, il tutto con un tono leggero e mai pedante; un profondo senso dell’umorismo raggiunge poi il suo apice quando noi possiamo entrare nei pensieri più profondi di Bäkström, manifestazione di una personalità disgustosa e affascinante nella sua totale assenza di preoccupazioni etiche e nel disprezzo con cui guarda i diversi da lui, siano donne, immigrati, lapponi, gay o persone oneste e coscienziose e quindi per ciò stesse indegne di considerazione. 

Ignazio Gulotta
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