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26 Novembre 2019

Federico Guglielmi Roma Brucia

2019 - Goodfellas Spittle, pp. 608, € 22,00

L’infaticabile Federico Guglielmi con questo libro va a colmare una grave mancanza testimoniale sulla musica di area rock nella scena romana. È una pezza grande di oltre seicento pagine per tappare una falla grande che non poteva soccombere all’inespresso e a una mancata messa a punto fenomenologica. Ricopre gli ultimi 40 anni di accadimenti musicali nella capitale e nessuno poteva essere più adatto a raccontarli di chi li ha sempre vissuti e documentati in modo costante e diretto come lo stesso Guglielmi. Quindi l’Autore parte proprio dal suo esteso e succoso archivio personale fatto di cronistorie estemporanee per ricomporre il suo racconto storiografico e rimettere nella giusta luce alcuni fatti, eventi e storie che in qualche modo hanno poi lasciato un segno nell’oggi o reso caratteristico e contestuale un determinato approccio, una determinata attitudine, fermentate in un ambiente specifico. Come fu per Bologna, per Pordenone, Milano o Firenze. Qui si rimarca l’identità di Roma. Partendo dal 1978 e dalla ricezione capitolina della rivoluzione punk del ‘76/’77. Da come alcuni fenomeni  confinati nell’undergound più oscuro furono destinati ad imporsi anche all’attenzione del circuito ufficiale e alla ribalta delle tendenze più trend. Il libro si presenta molto scorrevole e funzionano bene l'incastro e la ricostruzione adottati che fanno tangibilmente arrivare il vissuto in prima linea e incarnato dal narratore. Non viene infatti nessuna voglia di andare a ricercare le possibili parti mancanti o il gravemente taciuto e dimenticato proprio perché si entra perfettamente nel racconto esperienziale e nella logica di coerenza di Guglielmi. Chi ricorda il suo lavoro per il Mucchio Selvaggio i suoi speciali Extra o il mensile Velvet è più che abituato al suo stile diretto, asciutto, semplice ed efficiente. Si conoscono le sue predilezioni e le sue tendenze e davvero questo bel volume non delude in quanto ad attenzione ai dettagli, all'approccio partecipato e confidenziale con alcuni dei protagonisti, finanche nelle aspettative lasciate intatte circa i cavalli sui quali scommettere, rivelatesi poi più o meno azzeccate. Piace la spontaneità, l'autenticità, la pacatezza e la cura amorevole che Federico mette nel suo lavoro e che pone in secondo piano i limiti di una trattazione che, per quanto necessaria, va a scivolare nelle solite ampie finestre dedicate ai cantautori e alle canzoni d'autore. Pagine di certo interessanti e pregevoli, ma che aggiungono poco alle nuove tendenze e a un imprinting che non cada nel solito generico. Partendo forse dal caso più emblematico, i Bloody Riot di Roberto Perciballi (che ci ha prematuramente lasciati il 20 marzo 2016) che per pochi mesi anticipano il sogno proibito di Guglielmi di far dare alle stampe il primo vinile punk della capitale. I suoi Shotgun Solution arrivarono un paio di mesi dopo ma correttamente, quanto candidamente, Guglielmi scrive: «Non nego che la cosa un minimo mi seccò, ma a distanza di anni mi viene da dire che fu giusto così; per quanto i miei protetti fossero più "bravi" e originali, il gruppo di Roberto Perciballi e Lorenzo Canevacci fu senza dubbio più autorevole ed efficace come "icona" dei kids cittadini». Questa è onestà intellettuale e quindi gli perdoniamo anche la sua parentesi dedicata alla sua etichetta High Rise che comunque non stona affatto nel mettere a fuoco la sua genuinità e il suo fiuto del tutto anacronistico e intempestivo nel campo della produzione. Non gli saremo mai abbastanza grati invece di aver dedicato spazio ad uno storico negozio romano che ha allevato intere generazioni di alternativi musicali e che purtroppo ha chiuso i battenti nel 2007 ingoiato dal sistema della digitalizzazione dei supporti e da tutti i nuovi canali di intermediazione distributiva. Disfunzioni Musicali a San Lorenzo, di Gianni e Alberto Gabrieli, Dino Annesi e Domenico Gloriani aperto nel lontano 1981. Con il punk si parte dai Centocelle City Rockers di Luigi Bonanni ancora legati a un'idea barricadera e politicizzata di rock rivoluzionario della prima ora per arrivare a gruppi come Trancefusion, Elektroshock, Ulster Punk Group. Ma ancora tutto si muove nel sottosuolo, non esistono casse di risonanza adeguate, tutto è molto immaturo, dilettantesco, approssimativo per assurgere a fenomeno documentato e sponsorizzato. Nei primi anni '80 si impone invece un punk edulcorato che perde parte dei suoi connotati più tipici ed è molto più disposto a scendere a compromessi  con il mercato e con il sentire estetizzato del momento, più costruito e meno spontaneo. Senz'altro più ragguardevole per seguito e testimonianze fu invece la galassia New Wave e post punk. Take For Doses, Eurotunes, Carillon del Dolore. Ma Roma si lega anche alla cultura hip hop, ska e del rap militante con gruppi cult come Assalti Frontali, Radici nel Cemento e Banda Bassotti. C'è poi l'intramontabile tradizione cantautorale che è forse la più strutturata e solida in un panorama troppo spesso sbrindellato e dispersivo  che pur con tante potenzialità non è mai riuscito a trovare un'identità solida e una tipizzazione davvero marcata. Lo stesso Guglielmi non manca di sottolineare le continue difficoltà organizzative, il poco coraggio e la poca intraprendenza di label e promotori e una tendenza prevaricante ad adagiarsi in cliché già sperimentati piuttosto che provare audacemente ad esprimere una propria voce figlia del contesto territoriale o di chiara matrice autoctona. Caratteristica che sembra mancare anche a band consolidate e ben imposte nel panorama nazionale e oltre, come gli Zu o i Giuda. O che può essere interpretata quasi come marchio stigmatizzante di apatia, di leggerezza vacua e inconsistente. Si pensi ai fuochi fatui e non scevri da polemiche de I Cani, I Mostri o i TheGiornalisti. Guglielmi non manca invece di evidenziare come il meglio musicale capitolino esca in realtà dalla nicchia, da luoghi di aggregazione culturale capaci di volgere più lontano il proprio spirito critico e la propria ricerca estetica. Proprio sulla scia della tradizione dell'avanguardia e della sperimentazione dell'area colta, che impose al mondo l'originalità e la creatività compositiva improvvisativa di stampo occidentale con il Gruppo Di Improvvisazione Nuova Consonanza o con i legami tra accademici e mondo delle sonorizzazioni per film e documentari, a Roma sembra essere più congeniale il filone underground, capace di coniugare più linguaggi e di fonderli in una narrazione astratta, ricca di rimandi visionari ed eclettici. Su tutti gli Acustimantico, Il Muro del Canto e le iniziative portate avanti dai circoli dall'Angelo Mai, Init e Circolo degli Artisti. Tutte realtà che al momento hanno conosciuto il bavaglio della censura. Peccato davvero venga tralasciata l'intera parabola di Roma Est, il Circolo Dal Verme, la No=Fi, Borgata Boredom e il Festival di Italian Occult Psychedelia che tanto ha fatto per proporre un'idea originale di musica ma fortemente ancorata alle nostre radici etnografiche. Anche questa voce fuori dal coro e di grande fermento ha chiuso le sue porte miseramente nel 2016 a seguito di un'ingiunzione della questura che ricorda molto da vicino il paradosso kafkiano raccontato ne "Il Processo". Il merito di questo testo è proprio quello di mettere a disposizione un sapere/tassello per animare un dibattito e per provare a delineare un possibile nuovo da inseguire con una maggiore consapevolezza.

Romina Baldoni

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