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27 Luglio 2012

Alberto Garlini La Legge dell’Odio

2012 - Einaudi Stile Libero

alberto garlini la legge dell'odio recensione‘Noi che amiamo le vette granitiche e i principi etici non possiamo tollerare uomini e donne che cambiano ruolo sociale da un giorno all’altro, mode sempre più cretine che sostituiscono altre mode da imbecilli, operai che non vogliono lavorare e reclamano diritti. Tra la purezza del marmo e i liquami delle moltitudini mobili si gioca la nostra partita. E’ questo il dramma, la guerra occulta e metastorica tra forza della luce e poteri delle tenebre’.

 

‘La sfiducia di Stefano nei confronti dei borghesi era sempre maggiore.  L’ipocrisia li rendeva ricattabili. La segretezza di cui si circondavano in nome della rispettabilità sociale li annegava in un mare di viltà. Questi pensieri però non gli piacevano. Se riportava lo sguardo su di sé, Stefano si accorgeva di trovarsi nella medesima precaria situazione. Anche lui doveva nascondersi. Anche lui era ricattabile. Anche lui fingeva di essere qualcosa che non era’.

 

Perché leggere questo fluviale romanzo di Alberto Garlini? Un buon motivo è quello che il libro ci conduce dentro l’universo torbido e oscuro dell’eversione nera in Italia, i cui protagonisti, pur avendo tristemente affollato le pagine dei giornali, ci rimangono fondamentalmente estranei, il loro modo di pensare, i loro valori, la loro cultura, la loro mentalità è stata occultata dalla feroce spietatezza del loro agire. Nelle intenzioni dell’autore non c’è assolutamente un’attenuazione delle responsabilità, ma la voglia di conoscere e penetrare quel mondo provando a vederlo dal suo interno. Il libro è fondamentalmente un viaggio nella psiche del protagonista: Stefano Guerra, giovanissimo neofascista di Udine, figlio di un ardente missino, ha vissuto tutta la sua infelice infanzia circondato dai nostalgici del ventennio, nel culto del duce e della violenza vista come forza salvifica. La voce narrante ci restituisce i pensieri più profondi di Guerra, le sue motivazioni, le sue paure, i suoi desideri in un viaggio doloroso dentro la sua anima e la sua ideologia.

 

GarliniImbevuto del pensiero di Julius Evola, del mito della bella morte, del coraggio indomito e con il riferimento a personaggi come Codreanu, il capo della Guardia di ferro rumena, i repubblichini e le SS, ben presto il giovane Guerra diventa una macchina per uccidere, cinicamente utilizzata dai suoi camerati e da altre forze oscure in un disegno criminale che lui si illude di governare e che invece lo riduce a tragica marionetta manovrata dall’esterno da forze più grandi e perverse. La trama si sviluppa intorno ad alcuni eventi cruciali della storia italiana fra il 1968 e il 1971, dagli scontri di Valle Giulia - qui come già in “Il fasciocomunista” di Pennacchi si mette in risalto il ruolo dei neofascisti negli scontri e la strana alleanza con i “cinesi”, durante i quali Guerra uccide involontariamente un pacifico studente di sinistra - alla strage di Piazza Fontana e a quella di Peteano, anche se celati sotto nomi di finzione sia gli accadimenti che i personaggi narrati sono facilmente riconoscibili. E’ la legge dell’odio che regola la vita di Guerra fin da quando da bambino il padre in un ultimo sadico gesto lo fece assistere al suo suicidio, ed ora noi seguiamo passo passo sconcertati, indignati, ma in qualche modo affascinati, la discesa negli inferi e nell’orrore del giovane neofascista e dei suoi amici, fra tradimenti, depistaggi, intrighi, violenze, trame oscure, servizi segreti, carabinieri complici, borghesia nera, criminali comuni.  

 

Nella ricostruzione romanzata di Piazza Fontana Garlini sposa la tesi della doppia bomba, presente anche nel film di Giordana “Romanzo di una strage”, e suggerisce momenti di riavvicinamento fra estremismo di destra e di sinistra in funzione di un’opposizione comune allo stato borghese; sono ipotesi che suscitano polemiche, ma che comunque il valle giulialibro ha il merito di portare all’attenzione e alla discussione necessaria per una lettura di quegli anni cruciali che presenta ancora lati oscuri. Purtroppo non tutto funziona in questo libro, reggere 800 pagine è impresa ardua per qualunque scrittore, troppa la carne al fuoco e alcune parti appaiono poco necessarie alla comprensione del racconto e danneggiano il ritmo narrativo, le noiose pagine del viaggio in Afghanistan e l’incontro con Bruce Chatwin, le scene ambientate nella villa austriaca del ricco editore comunista Meneghello. La drammatica storia d’amore che lega Stefano alla sorella del giovane studente da lui ucciso ha momenti degni di una tragedia greca, ma alla lunga rischia di apparire poco credibile.

 

Ignazio Gulotta
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