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8 Maggio 2016

Francesco Biamonti IL ROMANZO DI GREGORIO

Novembre 2015 - Il Canneto Editore - A cura di Simona Morando

Il romanzo di Gregorio

 

Se bisogna dare credito alla presunta avarizia ligure, Francesco Biamonti non sfugge a questa regola. E non lo diciamo dal punto di vista umano, poiché in quel senso non lo conosciamo (benché vi sia stato un fugace incontro nel 1991 quando venne nella mia cittadina a ricevere un premio), ma certamente come autore, dato che la sua produzione consta soltanto di pochi, ma straordinari romanzi: “L’angelo di Avrigue” (1983), “Vento Largo“ (1991), “Attesa sul mare” (1994), “Le parole e la notte” (1998) e “Il silenzio” (2003), tutti pubblicati da Einaudi con l’ultimo titolo uscito postumo dopo la morte avvenuta nel 2001.

Dell’uomo Biamonti si conosce, tra verità e leggenda, la riservatezza, l’assenza di mondanità, il vivere solitario sulle colline di San Biagio della Cima (IM) vicino al confine con la Francia e a pochi chilometri dal mare. Nella sua poetica spiccano l’aspro paesaggio della Liguria di confine, la natura in tutte le sue manifestazioni, gli scorci del mare lontano, le pietraie assolate, gli aridi sentieri battuti da contadini, immutati nei secoli, i venti che erodono le rocce, i marinai tornati in terraferma e i laconici passeur che la notte accompagnano i clandestini a varcare il confine attraverso i boschi e le colline; tutti punti di riferimento non per una mera descrittività fine a se stessa ma per un’analisi esistenziale profonda e una meditazione sulla vita e sulla morte quasi a scopo di inconsapevole autoterapia psicoanalitica. Anche “Il romanzo di Gregorio” presenta queste caratteristiche, se non altro perché non è altro che la prima stesura originale del romanzo d’esordio di Biamonti L’angelo di Avrigue, ma attenzione: chi potrebbe pensare di rileggere una storia già letta e conosciuta è molto lontano dalla verità e chiunque apprezzi la narrativa dello scrittore ligure non può esimersi dal confrontarsi con questo basilare approfondimento.

 

La trama

 

1106_36052029780_2313_nLa storia è ovviamente la stessa, ma riserva più di una sorpresa: la trama racconta di un giovane tossico, Jean-Pierre, il cui cadavere viene ritrovato in fondo a un burrone. Suicidio o omicidio? Il tormentato marinaio Gregorio sbarcato da poco in terraferma e legato, nonostante la differenza d’età, da una forte amicizia col ragazzo, decide di indagare, ma l’indagine sarà più quella interiore sul senso della vita che quella materiale sulla ricerca della verità. Gregorio si muove tra personaggi e luoghi di grande impatto descrittivo ed emotivo: la madre di Jean-Pierre, la sua ragazza e le altre donne presenti nella storia, il Bar degli Olandesi dove si ritrova una piccola comunità di hippies di cui il ragazzo faceva parte pur essendone caratterialmente diverso, il vecchio Edoardo coltivatore di limoni, il cieco Guillerm, e altri forse meno protagonisti ma dalla fondamentale presenza narrativa.

Le differenze a cui si accennava sono assolutamente basilari e significative, basti pensare che Jean-Pierre, nella versione pubblicata nel 1983, non figura tra i personaggi del racconto, essendo soltanto il cadavere ritrovato e di cui si parla in paese e nella storia, mentre in questa stesura è presente per  ben oltre la metà del romanzo e interagisce intellettualmente e filosoficamente con l’amico Gregorio. Anche l’eros, del tutto assente ne L’angelo di Avrigue, è qui presenza sommessa ma comunque esistente, così come arricchiscono il romanzo nuove sintomatiche e indicative situazioni tutte da scoprire durante la (ri)lettura.

 

Francesco Biamonti fotoOltre la vicenda narrata nel romanzo c’è poi quella del romanzo stesso: un manoscritto ritrovato nell’archivio di casa Biamonti e dato alle stampe solo pochi mesi fa grazie alla curatrice Simona Morando che con le sue misurate e indispensabili parole (molto più di una prefazione) accompagna felicemente il lettore alla scoperta di questo nuovo gioiello Biamontiano in un’analisi profonda di quest’opera e della narrativa dell’autore ligure, confrontando i testi, segnalando gli appunti originali e i testi preparatori del romanzo stilati fin dagli anni settanta. Ulteriore arricchimento di un’opera esaustiva e indispensabile da leggere e da possedere per chi ha fatto suo il “concreto immaginario” di Francesco Biamonti (foto a destra e sopra a sinistra), sono anche le foto in bianco e nero dello scrittore ad opera di Fulvio Magurno, autore anche della copertina del libro.

Maurizio Pupi Bracali
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