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7 Giugno 2017

Valerio D’Onofrio - Valeria Ferro I 101 racconti di Canterbury – Viaggio nella storia di una (non) scena

2017 - Crac Edizioni - Pag. 303 - Euro 15.00

 

101CanterburyCanterbury è una piccola cittadina famosa per la sua splendida cattedrale gotica. Dopo l’assassinio nel 1170 dell’arcivescovo Tommaso Becket proprio all’interno della sede episcopale e dopo il grande successo dei “Racconti di Canterbury”, scritti nel XIV sec. da Geoffrey Chaucer, l’alone di mistero e curiosità ha continuato a pervadere le vie della città antica. Un luogo d’ombra dove la storia si scinde e dove in seguito alla riforma anglicana si tenta di cancellare una parte delle radici anglosassoni legate al culto della cristianità ma anche ad un paganesimo che si era armonizzato molto bene con l’immaginario del cristianesimo delle origini. E’ quindi il posto dove si resiste e dove in qualche modo si va contro corrente. Fin troppo naturale allora, parlare di Scuola di Canterbury anche in riferimento ad uno stile musicale deregolato e del tutto creativo e fantasioso che inizia a prendervi piede all’alba degli anni ’60 del secolo scorso. Un’occasione troppo ghiotta la convergenza che ha portato nello stesso non-luogo personaggi inquieti e bizzarri come Robert Wyatt, Kevin Ayers, Daevid Allen, Hugh HopperMike Ratledge, i fratelli David e Richard Sinclair. In onore del visionario, dell’eclettismo psichedelico e della scienza non scienza della patafisica, non poteva non alimentarsi il caleidoscopico calderone di una non scena sospesa tra reale e leggendario.

 

earlysoftmachine_cover_1449054138"I 101 racconti di Canterbury - Viaggio nella storia di una (non) scena", testo di Valerio D’Onofrio e Valeria Ferro (prefazione di Fabio Zuffanti) è un viaggio stimolante che cerca di ricostruire le magie di certe atmosfere in cui regnava curiosità ed entusiasmo, voglia di conoscere, di mettersi alla prova ma anche tantissima ironia e leggerezza, un semplice tripudio all’amicizia, ai sogni, alla vitalità della giovinezza. Tra aneddoti e ricostruzioni si presentano i protagonisti e si tratteggiano le schede di 101 album che hanno contribuito ad esaltare e rendere identificabile il cosiddetto Canterbury Sound; un mix di jazz, progressive, psichedelia e surrealismo. Tutto viene perfettamente contestualizzato con la storia, con le contaminazioni e contraddizioni che attecchivano tra le nuove generazioni. I giovani post hippie e post esplosione beat erano in realtà in bilico tra ingenuità e disillusione. softmachine1967Canterbury potrebbe esserne la metafora perfetta: sonnolenta, apparentemente apatica ma forse, proprio in ragione del suo grigio ordinario, anche stimolante! Perfetta custode per iniziative d’assalto nelle retrovie. Il libro ci fa capire l’importanza e la ricchezza dell’espressione musicale. La musica è impregnata di quel mood emozionale che mischia in modo sorprendente la tradizione classica e la spontaneità dell’improvvisazione dilettantesca. Un guazzabuglio trasognato ed effervescente che procede in bilico tra pretese di rigore metodico e repentini scardinamenti delle strutture, ai limiti della burlesca provocazione.

 

Daevid-Allen-resize-1-255x300Gli eroi di Canterbury osano precocemente il multidisciplinare e il multimediale e sono artisti dell’avanguardia. La cultura dell’happening, l’arte concettuale, la visione ampliata di un rock ibrido capace di assorbire e riflettere sete di trasformazione, devono molto alla combriccola che si ritrova tra Wellington House (la casa dei genitori di Robert Wyatt) e la Simon Langston Grammar School. Non si vogliono solo ricostruire le storie dei Soft Machine, dei Caravan, Hatfield and the North, Camel, Gong o Henry Cow ma si vuole mettere a fuoco l’importanza ricettiva degli stimoli, lo scambio, l’apertura. Il prodigio è stato saper rielaborare l’avidità per l’eterogeneo conferendogli sempre un’impronta personalistica, ispirata, non emula ma consapevole. Sigillano e compattano l’affresco caravan (3)canterburiano le interviste a Orlando Monday Allen (figlio di Daevid), Antonello Cresti, Claudio Fabretti e Guido Bellachioma. Il contributo di Domenico De Mola, direttore artistico del Fasano Jazz Festival. Di grande suggestione pensare che la rivoluzione non sia altro che una visione alternativa, fuori dallo spazio tempo. Kafka sosteneva che proprio dalla paranoia arrivasse la consapevolezza, dalla lucida incapacità di adattare i valori umani alla frenesia capitalista. Rimanere indipendenti, osservare i fatti dal margine è un modo efficace per non essere subalterni a un sistema e per trovare le motivazioni per combattere. Come esplicitato nel manifesto del Rock In Opposition, teorizzato da Chris Cutler.

 

Romina Baldoni

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