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8 Aprile 2015

Marco Vichi Fantasmi del passato

2015 - Guanda - pp. 508 - €. 18,50

Molto ambizioso questo ultimo romanzo del fiorentino Marco Vichi con protagonista il commissario Bordelli: 500 pagine lungo le quali si dipana una alquanto esile trama gialla che sembra solo un pretesto per raccontarci di un passato che ha lasciato profonde cicatrici e dei tormenti esistenziali del più che sessantenne protagonista e del colonnello in pensione dei servizi segreti Bruno Arcieri, personaggio nato dalla penna di Leonardo Gori che Vichi ha qui preso in prestito (ma già in altri romanzi l'autore lo aveva messo sulla strada di Bordelli). Sul colonnello incombono le minacce dei suoi ex colleghi, il perché resterà misterioso e imperscrutabile, tanto che viene raccolto da Bordelli molto malridotto per le strade fiorentine e ospitato nella sua casa in campagna; fra i due si stringerà subito un forte legame fatto di buon vino, cibo abbondante e ben cucinato, e soprattutto racconti del passato in guerra e pene d'amore che accomunano i due uomini. Nel mentre il commissario cerca di scoprire il responsabile dell'omicidio di un facoltoso industriale trovato morto nel suo studio con un fioretto conficcato nel petto. Omicidio di difficile soluzione di un uomo molto benvoluto da tutti e che non sembra aver avuto nemici, ma temo che il lettore intuirà presto dove si vada a parare. Il tutto ambientato in una Firenze, siamo nel 1967, che sta faticosamente e orgogliosamente uscendo dal trauma dell'alluvione che l'anno prima l'aveva messa in ginocchio. E' questa la parte migliore del racconto: seguendo il peripatetico commissario, Vichi fa rivivere in modo molto vivido una Firenze popolare che ormai è scomparsa soffocata da pizzerie e negozi alla moda.

 

marco viMa ciò che qui non funziona è soprattutto il protagonista; come si fa ad identificarsi, a provare empatia per un sessantenne che piagnucola d'amore e si strugge nel dubbio adolescenziale se telefonare o no alla donna amata? E questo mentre le donne che incontra, tutte naturalmente giovani, bellissime e affascinanti non fanno altro che finire fra la sue braccia, conquistate da non si sa quale fascino del nostro Bordelli. Ma il nostro colpisce implacabile, sempre e comunque, affondando però in una sequela imbarazzante di luoghi comuni:

 

«Avevano cominciato a baciarsi davanti al fuoco, poi si erano avventurati fino in camera. La cosa più difficile era stata sfilarle i jeans. ..Avevano fatto l'amore fino a notte fonda, senza dire una sola parola, e si erano addormentati abbracciati. Quando la mattina lui aveva aperto gli occhi, il letto era vuoto….Sullo specchio del bagno aveva trovato l'impronta di rossettto di un bacio, e sul lavandino un biglietto…

'Adesso non pensare che una sveltina voglia dire che stiamo insieme. Ti prego di non cercarmi, lo farò quando mi sentirò pronta»

 

 

E cosa pensare di un sessantenne che come un adolescente in fregola («Sull'altro marciapiede vide avanzare una ragazza che gli piacque all'istante, e sentì una vampata di calore. Rallentò il passo per seguirla con lo sguardo, ignorando le occhiate maligne dei passanti») gira per le strade della città osservando attentamente e scrupolosamente tutte le esponenti del gentil sesso che incontra? E non diremo nulla dell'infinitamente ridicolo finale. Insomma si fa una certa fatica ad arrivare in fondo al romanzo, anche se la scrittura di Vichi è scorrevole, essa però non è esente da inutili ripetizioni (tutte quelle pagine sulle strade affollate di Firenze sotto Natale!). Inoltre il libro è appesantito dai racconti del passato che i due protagonisti si scambiano fra loro o al termine di incontri conviviali, storie raramente interessanti e in gran parte incentrati su episodi della lotta partigiana che obbediscono a un cliché fin troppo abusato e appaiono completamente slegati rispetto al fluire del racconto. L'autore in definitiva tenta di rimpinguare e rendere interessante un racconto giallo che fa acqua da più parti, puntando sul tema della memoria, dei sensi di colpa e dell'amore perduto che affligge i due protagonisti, ma purtroppo senza riuscire a rendere credibile e appassionante la vicenda raccontata.

 

Ignazio Gulotta
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