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1 Luglio 2016

Dino Zoff Dura solo un attimo, la gloria. La mia vita

1a edizione: settembre 2014 - Arnoldo Mondadori Editore-Strade Blu, 172 p.

Zoff-libro 1

 

 

“Sembro freddo, ma no, non lo sono. Ho soltanto imparato a essere equliibrato, a controllare, a parare anche le emozioni. Solo due volte non ci sono riuscito: quando è nato mio figlio Marco, il giorno più bello della mia vita, e quando abbiamo vinto i Mondiali”.

 

Solitamente Distorsioni non si occupa di sport ma, tenuto conto della stretta attualità che vede la nazionale italiana impegnata in questi giorni ai Campionati Europei di calcio in Francia, facciamo un'eccezione parlando di un'autobiografia uscita 2 anni fa riguardante un mito universale dello sport: Dino Zoff. Uno dei pochi calciatori italiani, al pari forse di Gigi Riva, Roberto Baggio e pochissimi altri, a meritarsi il rispetto al di là della maglia indossata, in tutti gli stadi che hanno calcato con le loro squadre di club. Il connubio Zoff-Campionati Europei è presto svelato: l'ex capitano azzurro è l'unico italiano della storia ad aver vinto sia gli Europei (nel 1968 in Italia) che i Mondiali (nel magico 1982 spagnolo) di calcio; ha sfiorato, inoltre, l'impresa di vincere il titolo continentale anche da allenatore, quando nel 2000 la nazionale da lui guidata fu beffata dal golden gol di Trezeguet e la la Coppa andò alla Francia.

 

Dalle pagine di questa bella e malinconica autobiografia su un calcio lontano anni-luce da quello odierno, emerge la forza di un uomo che, definito di volta in volta taciturno, introverso, scontroso, umile - anche se l'ex portiere e allenatore juventino afferma: “Ho sempre giocato per me stesso. Per ambizione e narcisismo” -  ha avuto poche ma Dino-zoff 2decisive persone in grado di influenzarne la vita privata e professionale: la nonna Adelaide, il padre Mario, Enzo Bearzot e il grande amico Gaetano Scirea. Il filo invisibile che li lega è, secondo lo stesso Zoff,  “il silenzio, il pudore delle parole”Gli episodi dell'infanzia, da quando a quattro anni ha capito che il suo destino era “prendere una palla”, lasciano il posto alle preoccupazioni riguardo alle prime sentenze degli allenatori di Mariano del Friuli: “E' troppo piccolo. Mancano i centimetri”. Dalla piccola Marianese a Udine, fino all'esordio in serie A, a 19 anni nel 1962, a Firenze: Fiorentina-Udinese 5-1! “L'unico ricordi vivido che ho di quel debutto è la sala del cinema a Udine” qualche giorno dopo la partita. Quando, nell'intervallo del film, diedero la Settimana Incom con tutti i gol della domenica, Dino sprofondò nella poltrona dalla vergogna sperando che nessuno riconoscesse l'indecoroso portiere dell'Udinese reo di aver subito ben 5 gol.

 

Ma pian piano il talento viene fuori e dopo quel drammatico esordio, nonostante la retrocessione in B, le prestazioni del giovane portiere diventano sempre più positive. Poi arrivano il Mantova, dove si trova benissimo e conosce la moglie Paola, e finalmente il zoff libro 3grande salto nell'estate del 1967: il Napoli. Qui il taciturno portiere friulano, grazie alle sue parate, diventa ben presto un beniamino dei tifosi partenopei che lo ribattezzano Nembo Kid. Zoff, pur avendo un carattere ed una cultura diametralmente opposti ai partenopei, nei 5 anni alle pendici del Vesuvio, si trova perfettamente a suo agio, non infastidito, ma anzi protetto dal calore e dal clamore della gente di Napoli. L'autobiografia non segue un percorso cronologico preciso, ma compie alcuni balzi temporali: dagli anni napoletani si passa al giorno più triste per Dino: quel 3 settembre 1989 in cui perse la vita il suo viceallenatore alla Juve e amico fraterno Gaetano Scirea. A proposito del grande libero bianconero Zoff apre una parentesi polemica riguardo ai zoff libro 4riconoscimenti postumi, arrivati da ogni latitudine, che hanno “mitizzato” Scirea, cosa non gradita a Dino. L'ex portierone ricorda di un episodio in particolare, in un cinema di Frosinone un anno dopo la scomparsa dell'amico, quando alcuni famosi personaggi pubblici, anche politici, commemorarono Scirea. Dopo tutte le belle parole degli ospiti, Zoff irritato prese la parola dicendo: “State sfruttando Scirea. Io, tutte queste belle parole, prima della sua morte non le ho mai sentite da nessuno”. Nella sala scese il gelo. Sicuramente la sua onestà e schiettezza, uniti ad un carattere difficile e troppo diretto non hanno aiutato Zoff, soprattutto nella sua carriera da allenatore.

 

Nell'estate del 1972 il portiere della nazionale approda alla Juventus. E' l'inizio di 11 anni conditi da  record su record (il più straordinario dei quali rimane, secondo il diretto interessato, quello delle 330 presenze consecutive in campionato: 11 anni di fila giocando tutte le partite!) e tanti successi, carriera incredibilmente simile a quella del suo grande erede Gianluigi Buffon (tutti e due colonne della Juve e dell'Italia, scudetti a ripetizione, vittoria della coppa Uefa, record di imbattibilità in serie A, record di presenze in azzurro, entrambi secondi al Pallone d'Oro, entrambi con l'unico cruccio di aver vinto tutto tranne la zoff libro 5Champions: 2 finali perse sia Dino che Gigi). Tornando ai suoi ricordi, Zoff sottolinea i dettagli del passaggio dal Napoli alla Juve: un trasferimento non voluto né dal diretto interessato né dalla moglie Paola che ormai amava Napoli (e infatti soffrì molto la freddezza torinese nei primi mesi juventini), ma architettato dal presidente Ferlaino (criticatissimo dai tifosi napoletani per la cessione del portiere) per questioni di bilancio: il portiere fu venduto a Boniperti per ben 300 milioni di lire! Molte pagine del libro sono dedicate alla nazionale: dall'emozionante vittoria nel 1968 contro la Jugoslavia all'Olimpico di Roma nella finale degli Europei (fu in quell'occasione che Dino iniziò a sentire “sua” la squadra azzurra) alla cocentissima delusione per il CT Zoff: la finale continentale persa agli ultimi secondi nel 2000 contro la Francia (le ingenerose e stupide critiche dell'allora Presidente del Consiglio Berlusconi costrinsero il “mai politicamente corretto” Zoff alle dimissioni). Infine, dal bel quarto posto in Argentina '78, quando a seguito di alcuni gol da lontano subiti contro Olanda e Brasile, l'estremo difensore italiano fu massacrato dalla critica alla straordinaria inaspettata e magica rivincita del 1982.

 

Zoff, in un passaggio del suo racconto, si assume le responsabilità di quegli errori e confida di aver pensato al ritiro se non ci fosse stato un CT come Enzo Bearzot, altro friulano serio e autonomo nelle scelte (la stampa intera mise il portiere alla gogna:” E' vecchio, è cieco, è bollito”) che tirò dritto secondo le sue convinzioni e confermò il “suo” portiere titolare e capitano degli azzurri. Chi ha la fortuna di aver vissuto quel campionato del mondo in Spagna nel1982, non potrà non ricordare senza emozionarsi ancora oggi alcuni momenti che restano eterni: l'urlo di Tardelli; il tacco nell'area tedesca di Scirea; Pertini in tribuna a Madrid; la partita a scopone sull'aereo presidenziale tra zoff libro 6Bearzot, Pertini, Causio e Zoff; le mani del capitano Zoff sulla coppa immortalate da Guttuso; la pipa di Bearzot in panchina. Ma anche l'inizio in sordina degli azzurri: il silenzio stampa (parlava solo Zoff in qualità di capitano, quasi un eufemismo); le difficoltà di Paolo Rossi e Bearzot massacrato da tutti perchè continuava a farlo giocare; il girone di ferro con Argentina e Brasile; la rinascita contro Maradona e compagni eppoi... la più bella, pazza e meravigliosa partita di calcio del nostro dopoguerra (secondo chi scrive superiore alle semifinali di Messico '70): Italia-Brasile: unico risultato disponibile: vincere contro i maestri carioca oppure eliminati; la resurrezione di Pablito autore del primo gol, il pari di Falcao, ancora Rossi, il secondo pareggio di Socrates, il terzo di Rossi, le urla disperate di capitan Zoff all'indirizzo dell'arrembante terzino Cabrini: “Antonio!”, il quarto annullato ad Antognoni...fino alla Parata della vita: a un niente dal fischio finale il quarantenne Dino Zoff con un tuffo strepitoso respinge miracolosamente sulla linea di porta un colpo di testa di Oscar. L'Italia contro ogni previsione conquistava la semifinale dove avrebbe facilmente battuto la Polonia.

 

Zoff_Parata_Nazionale-parkA proposito del trionfo in finale contro la Germania l'11 luglio '82 al Bernabeu di Madrid, l'allora capitano rievoca una serie di emozioni che riaffiorano nella sua mente, soprattutto quelli successivi alla partita. Dopo il giro di campo e la doccia, ognuno festeggiava a modo suo, non ci fu una festa organizzata. Racconta Zoff :“Io e Scirea, ci chiudemmo nella nostra stanza ad assaporare il momento, nell'unico modo che ci era consono: in silenzio”. Andare in discoteca, continua Zoff, sarebbe stato “il modo migliore per rovinare l'elegante perfezione di un momento del genere. Ordiniamo qualcosa da mangiare al ristorante dell'albergo”, poi i due brindarono con del vino e “sfiniti da tutta quella gioia”,  si misero a fumare.

“Dura solo un attimo, la gloria. E allora bisogna conservarlo nel cuore, quell'attimo, consapevoli della sua fragilità e del suo valore, per renderlo eterno. Quando penso alla felicità penso a quelle sigarette con Scirea”.

Gaetano Ricci

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