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18 Marzo 2021

John Williams Butcher’s Crossing

2020 - Fazi Editore - 357 Pagine

John Edward Williams appartiene all’infinita schiera di scrittori apprezzati dal pubblico tardivamente o addirittura dopo la morte, nel suo caso avvenuta nel 1994. Se l’osannato, anche in Italia, da pubblico e critica “Stoner” del 1965 (in Italia Fazi Editore 2012) è considerato il suo irraggiungibile capolavoro, (recensito su queste pagine il 15 Febbraio 2015 da Alfredo Sgarlato) l’altrettanto magnifico romanzo “Butcher’s Crossing” scritto e pubblicato cinque anni prima, non gli è molto distante. Totalmente diverso dalla biografia minima e banale del “normale” professor William Stoner, il romanzo del 1960 è una storia western epica e avventurosa ambientata nel 1873 e non si storca il naso se non si apprezza il genere perché l’indubbio fascino che ne viene emanato farà sicuramente ricredere anche i più riottosi. L’unica similarità con Stoner, che abbandona gli studi di agraria dopo esserne stato indirizzato dalla famiglia contadina, per dedicarsi alla letteratura, è che anche il giovane protagonista di “Butcher’s Crossing” Will Andrews promettente studente bostoniano dell’università di Harvard, lascia gli studi per un unirsi a un gruppo di rozzi cacciatori di bisonti dello sperduto e minuscolo villaggio del Kansas (quasi una città fantasma, specie nelle ultime pagine) il cui nome titola il romanzo. Nonostante la semplicità della trama, narrante la lunga spedizione dei quattro protagonisti diretti su uno sgangherato carro trainato da buoi, verso le montagne e le praterie del Colorado alla ricerca di una sorta di eden, sconosciuto ai più, popolato da migliaia di bisonti, trattasi di romanzo fortemente archetipico non si sa quanto consapevolmente. Senza scomodare Omero (ma perché no?) gli archetipi di una certa letteratura americana e non solo, sono ben presenti. Chi è Will Andrews se non un novello Ismaele di melvilliana memoria che invece di andare per mare alla ricerca della sua identità e di una mostruosa balena bianca, va per verdi praterie per cacciare ben più pacifici bisonti ma comunque sempre alla ricerca di un se stesso non ancora definito? E la lotta dei quattro contro le intemperie e la forza contrastante della natura e degli elementi, non è forse la stessa del vecchio pescatore hemingwayiano e della sua epica storia? Per non parlare di atmosfere e circostanze che Jack London aveva già fatto proprie in molti suoi romanzi e delle caratteristiche fisiche e psicologiche dei quattro personaggi che vanno dal cinico, insoddisfatto e disincantato scuoiatore, al burbero e sapiente capo-spedizione un po’ sornione e fermo decisionista, e dal più anziano conducente del carro, benché senza una mano, anche cuoco e addetto alle provviste, diviso tra alcolismo e lettura compulsiva della Bibbia, al giovane ingenuo e sprovveduto studentello ventenne Andrews che, alla ricerca della sua identità e di un mondo “altro”, rispetto a quello a cui era destinato, si ritrova catapultato in una dimensione sconosciuta storica, geografica e umana che mai avrebbe immaginato; personaggi, i cui diversi caratteri contrastanti e i modi di fare, si potrebbero assimilare a quelli del quattro moschettieri di Dumas. Grazie alla felice traduzione di Stefano Tummolini, magnifico traduttore di tutti e quattro gli unici romanzi di Williams, ci ritroviamo davanti a una scrittura limpida e meravigliosa che, anche se la storia non fosse accattivante, ma così non è, sarebbe un immenso piacere leggere comunque. Il prezzo, contenutissimo per un’opera di tale valore e numero di pagine, è un motivo in più per accostarsi a questa vicenda affascinante e catturante la cui unica cosa banale è il nome dell’autore.

Maurizio Pupi Bracali
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