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12 Dicembre 2012 ,

Alunah WHITE HOARHOUND

2012 - Psychededoomelic Records
[Uscita: 3/09/2012]

Alunah  WHITE HOARHOUND 2012 PsychedeDOOMelic Recors# Consigliato da DISTORSIONI

 

Davvero impressionante la rinascita dello stoner rock negli ultimi tempi. Un filone musicale che in fin dei conti è nato sì con Kyuss e simili ma affonda pesantemente le sue radici molto più indietro, in 2 bands fondamentali e storiche come Black Sabbath e Blue Cheer. Il gusto per l'occultismo e l'esoterismo di molti gruppi che seguivano quei sentieri sono serviti a mio avviso più a confondere l'ascoltatore ed a immaginare chissà quali misteri che altro, la musica in ogni caso li ricollega al passato e questo è quello che ci interessa. Gli Alunah vengono da Birmingham, non casualmente punto di partenza anche dei Black Sabbath, e ne ripercorrono le orme o perlomeno l'intenzione è quella. A differenza dei loro gloriosi maestri non hanno un frontman pazzesco come Ozzy Osbourne ma in compenso la biondissima cantante e chitarrista Soph Day ha un'ugola sufficiente per supportare e manovrare il pesante arsenale messo su dai suoi compagni d'avventure, Dave Day, chitarra, Gaz Imber al basso e Jake Mason alla batteria. Dopo che si sono fatti una notevole reputazione come live act torrenziale hanno finalmente deciso di trasmettere in studio tutta la grinta scaricata sul palco.

 

Ben due dischi in questo 2012, a distanza si pochi mesi, il debutto già incendiario di "Call of the Avernus", concepito però due anni prima  e quest'ultimo "White Hoarhound" che li consacrano  tra le luci più splendenti del panorama doom-stoner. Già dalla coppia iniziale Demeter's grief e White Hoarhound, siamo immersi nel torrente di lava chiamato Alunah, splendida la voce di Soph, irresistibile nella title track, le chitarre suonano cupe e pesanti, i Kyuss intanto occhieggiano dietro l'angolo. Rispetto ai grandi figli del deserto i ragazzi di Birmingham hanno dalla loro una maggiore dilatazione dei brani e più spazio dedicato a fiammate chitarristiche pur rimanendo gli assoli  sempre contenuti com'è tipico del genere. Prova di questo le tre long tracks, Belial's fjord, The Chester midsummer watch parade e Oak Ritual II, torrido finale con un superbo David Day alla sei corde, 25 minuti complessivi per tutti e tre i brani, ottimi biglietti di presentazione per un esecuzione live che immagino ampliata a dismisura. Disco di grande impatto emotivo, farà contenti gli amanti del genere psycho-doom ma anche un'ottima occasione per i nuovi adepti per avvicinarsi ad un continente musicale in continua ebollizione lavica.

 

Ricardo Martillos

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