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13 Dicembre 2012 , , ,

Grant Lee Phillips WALKING IN THE GREEN CORN

2012 - Magnetic Field
[Uscita: 16/10/2012]

Grant Lee Phillips – Walking On Green Corn Magnetic Field 2012 Che Grant Lee Phillips sia un personaggio a cui non piaccia stare sotto ai riflettori lo si era inteso già ai tempi dei Grant Lee Buffalo,  con i quali arrivò davvero a tanto così dal passare dal ruolo di artista di culto a quello di star. Sarà per colpa della sua anima da loner che li sciolse per dare inizio a una carriera solista che pur contando almeno due buoni dischi come "Virgina Creeper" e il più recente "Little Moon", e senza registrare particolari picchi negativi, ha inesorabilmente perso visibilità col passare del tempo. Segnale davvero un po’ inquietante per uno che un tre lustri fa poteva permettersi la sponsorizzazione di Peter Buck e farsi portare sul palmo di mano dalla critica internazionale. L’album acustico sembra essere una tappa obbligata per molti artisti e non sfugge alla regola Grant Lee Phillips, consigliato e appoggiato con slancio dalla compagna, la scrittrice Denise Siegel, che ci propone questo "Walking in the Green Corn" contenente dieci brani dove la chitarra acustica suonata con buona perizia dal protagonista è accompagnata qua e la solamente da un tamburello, da un solitario violino e dalla voce in controcanto offerta da Sara Watkins in veste di ospite. Il risultato, dispiace dirlo data la genuinità dell’autore, è purtroppo scadente, conseguenza di una vena compositiva speriamo momentaneamente poco ispirata.

 

Dopo il brano d’apertura Vanishing Song dalle atmosfere realmente evanescenti che richiamano alcune soluzioni adottate recentemente dai Low Anthem, seguono alcune lente composizioni di impostazione folk poco attraenti (e per giunta piuttosto simili tra loro) per cui ci si aspetta che il disco abbia finalmente uno scarto e decolli. Cosa che sfortunatamente non avviene con la conseguenza che l’album si trascina stancamente fino alla title-track posta in chiusura, brano che ha almeno dalla sua un motivo vagamente canticchiabile. Dubito che il buon Grant Lee Phillips, troppo modesto anche per pensarlo, abbia voluto rifarsi ai grandi dischi acustici come Nebraska, alle registrazioni americane di Johnny Cash o anche solo a quelle sul campo ideate anni fa da Michelle Shocked. Certo è che il primo accostamento che mi è venuto in mente è quel lungo sbadiglio che era Love Is Hell di Ryan Adams, davvero non un gran complimento. Andrà meglio la prossima volta, forza Grant Lee!

Roberto Remondino
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