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31 Luglio 2018 , ,

Heretics: Anne-James Chaton & Andy Moore TOUT CE QUE JE SAIS

2018 - Unsounds
[Uscita: 28/06/2018 ]

Francia-Inghilterra

 

Heretics Tout ce que je saisVerosimilmente, quasi nessuno tra i nostri ascoltatori-tipo potrà vantare familiarità con il grande canone degli chansonniers francesi (nella sostanza tramontato ben prima del corrente secolo) o, sempre da oltralpe, l’arte peculiare dei rètori francofoni (oggi praticato in termini di nicchia da rari cultori della filologia barocca), eppure sembrerebbero parte del materiale confluente nell’arte performante del vocalist (o “poeta sonoro”) Anne-James Chaton, sapiente e curioso alfiere di un “recitar cantando” che s’installa  a livelli d’attenzione di non poco conto ma, bisogna rilevare, con esiti assai personali e alquanto differenti rispetto, ad esempio, al grande esponente olandese di “Sound Poetry” Jaap Blonk o al bad boy elvetico della voce Andreas Schaerer, giusto per citare due punte salienti (e due fasce generazionali) del vecchio continente. 

 

Articolate lungo sei lunghezze di contenuta estensione, le stanze vocal-strumentali dell’album (registrato live) esordiscono nel sincopato e coloristico Casino Rabelaisien (titolo a conferma delle premesse tematiche), seguito dall’eponimaChaton-Moor 1  Tout ce que je sais, di clima serioso e teso, aprente quindi all’ostico clima onirico di Le songe de Ludwig; puro francesismo, il titolo Coquins Coquettes et Cocus prelude ad un più dinamico passaggio, ove le fitte tessiture della chitarra apportano un curioso clima rhythm ‘n’ blues, transitando verso il rauco ambiente rock di Clair Obscur, per pervenire a The Things That Belong To William, in cui la voce registrata di William Burroughs disvela le connessioni non certo occulte con i làsciti tuttora attivi ed aperti dell’ascendente Beat Generation.

Oltre al ben singolare nome di battesimo, il vocalist Anne-James Chaton vanta una vocalità non flemmatica ma insolitamente controllata (e a suo modo forbita), cui l’inflessione francese non conferisce mollezza quanto piuttosto una solida souplesse, in Chaton-Moor 2bvivace e pervasivo contrasto con il più dinamizzato (e a tratti violento) lavoro del partner Andy Moor: colpisce così il contrasto tra il fervido lavoro espletato alle elettroniche dai due sodali, ma più in particolare la libera espansione, quando non autentica deflagrazione, delle corde elettriche, con la ben singolare prestazione del cantato cui s’aggiunge una curiosa, a tratti totemica allure attoriale, che si erge con lenta assertività entro il composito e cangiante soundscape intessuto dai cocci taglienti, dalle fiammate e dalle radiazioni urticanti di elettroniche e chitarra. Heretics si conferma pugnace e insieme sfingeo duo, outsider ben compresi in tale ruolo, investito con una coerente e partecipativa visione estetica, che poco si cura della collocazione a margine cui è per scelta destinata, ma che rappresenterà un’occasione per orecchie curiose e diversamente appetenti. 

 

Voto: 8/10
Aldo Del Noce

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