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11 Febbraio 2012

Dan Sartain TOO TOUGH TO LIVE

2012 - One little indian records
[Uscita: 31/01/2012]

I Ramones sono citati fin dal titolo di questo quarto album di Dan Sartain, attraverso un gioco di parole: "Too tough to live" è il titolo del disco del brutto ceffo dell’Alabama, "Too tough to die" era il disco dei Ramones del 1983 (quello con Wart Hog, per intenderci). Ma i Ramones non sono presenti solo nel calembour del titolo: Dan Sartain guarda ai  Ramones (e al punk) sotto molti punti di vista in questo suo ultimo lavoro. Innanzitutto la durata: un disco che concentra tredici brani in poco più di diciotto minuti di musica. Durata media di un pezzo: un minuto e mezzo. Ma soprattutto la musica e i suoni rimandano agli anni dei fasti del CBGB’S. Abbandonando totalmente le innumerevoli influenze che avevano caratterizzato le precedenti uscite del nostro (niente più blues, rock del deserto, rockabilly, rock’n’roll) la musica cede il passo ad un garage punk (ma più punk che garage) di marca inconfondibilmente ramonesiana. Provate ad ascoltare pezzi come Indian Massacre, con la chitarra che replica quasi scolasticamente gli accenti che il plettro di Johnny Ramone ha fatto passare alla storia, e il cantato che emula i gorgheggi malati di Joey; oppure come Rona (Rona, Sheena, siamo lì…); o I’m Aware forse la canzone che più deve, nella sua costruzione, ai suoni dei fast four; oppure ditemi se I wanna join the Army non è un classico titolo ramonesiano (anche se musicalmente si accosta forse molto di più ai primi Dead Kennedys).

 

Insomma Dan Sartain gioca con i cliché del punk americano (e i riferimenti oltre ai Ramones possono essere estesi anche ai Clash e ai Cramps, specie nell’ultima traccia dell’album In death), ma l’operazione ci lascia un po’ perplessi e soprattutto con l’amaro in bocca: la svolta punk tout court di un’artista il cui animo punk era sempre stato implicito nei lavori precedenti ha comportato, in ultima analisi, anche una perdita di stile. La cosa non chiara fino in fondo di questo disco è se si tratti di un effettivo cambio di stile o di un omaggio. Nel primo caso c’è ancora molto da lavorare sotto molti aspetti (l’effetto, in fondo, è quello di una sorta di versione ancora più “ramonesiana”, e meno “dark”, degli Hex Dispensers, un gruppo che queste cose le ha sempre fatte, e anche molto meglio); nel secondo caso, cioè nel caso ci trovassimo davanti ad un omaggio estemporaneo, forse un certo ripetersi e una certa latitanza nell’ispirazione sarebbero più giustificati.

 

 

Luca Verrelli
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