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3 Aprile 2012 ,

Mattia Coletti THE LAND

2012 - Bloody Sound Fucktory
[Uscita: 3/01/2012]

Mattia Coletti THE LANDUn viaggio al di là del tempo, in una terra lontana, che seppure per un brevissimo istante ti sembra di riconoscere, come se facesse parte del tuo vissuto. È un gioco tra rievocazioni familiari e pura immaginazione “The Land”, il nuovo lavoro, il quarto, di Mattia Coletti, fa seguito a “Zeno” (2005), “Zeno Submarine” (2007) e “Pantagruele” (2008). Un disco dove nell’ascolto delle tracce che lo compongono sembra a tratti di essere arrivati e di riuscire ad afferrare un qualcosa, un senso,  che invece poi sfugge immediatamente, come quando vuoi trattenere della sabbia nella mano stringendo le dita.“The Land” è un viaggio che comincia con Pitagora, quasi quattro minuti in loop di musica cruda, ruvida, come se le corde della chitarra di Mattia Coletti fossero grattate anziché arpeggiate.

 

Ruvidezza che va a sciogliersi in un finale di chitarre che si incrociano e si rincorrono: il loop, la ripetizione ossessiva e il finale suggestivamente pacifico sono un’iniziazione atta a catturare l’attenzione di chi ascolta e a permettere di entrare in questa nuova terra. E il viaggio continua con la traccia che dà il titolo al disco, The Land, e sei in volo sui tetti spioventi di un paese lontano. Qualche antenna, il fumo di un camino, il cielo è terso e niente sembra turbare l’orizzonte, come suggerisce la cover del disco del giovane chitarrista. Ed ecco che Wind Glass irrompe come un acquazzone estivo, e sono ancora ritmi ripetuti e aspri, ma solo per un attimo: il suono è raddolcito immediatamente dalla bellissima Greta, l’animo si acquieta, si ristabiliscono ritmi calmi, l’essenzialità della pace. L’equilibrio si mantiene in Ghost West, e sembra che possa durare per sempre. Red Eye mantiene lo stato semi-ipnotico con suoni rarefatti che accompagnano l’arpeggio senza spezzare l’incanto creato sin qui, un dolce vento estivo che accarezza i rami di una pineta in riva al mare.

 

Ma il percorso non può durare all’infinito e il viaggiatore si sente spronato a riprendere il cammino con Tape and Crackle, dove più piani ritmici si sovrappongono e si inseguono. Infine in A Time Full of Boxes ad un inizio sereno si aggiungono suoni via via più aspri nuovamente ruvidi, si accompagna gradualmente il visitatore fuori dall’esperienza, dalla suggestione sciamanica creata dal musicista. “The Land” è una piccola oasi (le otto tracce durano poco oltre i trenta minuti) in cui rifugiarsi dai ritmi sgraziati e caotici delle città metropolitane, dove dimenticare la schiavitù all’orologio, il traffico, gli impegni e i problemi di tutti i giorni. Una breve vacanza dal mondo esterno, in una terra che non è così irraggiungibile.

Marina Pinna

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