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31 Dicembre 2014 , ,

Röyksopp THE INEVITABLE END

2014 - Cooking Vinyl
[Uscita: 11/11/2014]

Norvegia

 

inevitable endIl duo norvegese composto da Svein Berge e Torbjorn Brundtland conclude la sua carriera con “The Inevitable End”, un doppio cd di ben 84 minuti di durata complessiva. Sono passati 4 anni dall’ultimo album in studio “Senior” (2010), ma il 2014 si era già aperto all’insegna di nuove pubblicazioni a firma Röyksopp: in collaborazione con la cantante alt-pop Robyn (di origine svedese) viene proposto in aprile l’ottimo EP “Do It Again” e poco dopo, sull’onda del successo di pubblico e critica, vengono annunciati i propositi della  fine inevitabile. “Goodbye to the traditional album format…” era il titolo del post comparso sul sito ufficiale della band a settembre, in cui il duo spiegava di esser arrivato al limite espressivo contenibile nella lunghezza standard di un CD, e anche se questo è un lavoro maggiormente “classico” rispetto al loro passato, sarà anche l’ultimo, perché “questo limite c’è da sempre e ci tiene fissati insieme, ma non ci entusiasma ripetere noi stessi”. Spiegheranno poi in alcune interviste che è il Concept ad affascinarli sempre più nella creazione di musica, e che questo difficilmente rientrerebbe nei canonici 80 minuti massimi di un compact disc. E dunque meglio chiudere con un gran finale. In stile “Random Access Memories” dei Daft Punk il disco è ricco di tracce scritte in collaborazione con altri artisti e vede la più massiccia presenza di vocalist dell’epopea Röyksopp.

 

royInoltre questo è negli intenti un Best Of autoreferenziale, benché composto di nuovo materiale come lo era stato “RAM” per i DP. L’iniziale Skulls strizza l’occhio anche alla composizione dei francesi in pieno clima disco-revival, con tanto di vocoder, ma il pezzo è un mini-capolavoro riuscendo a fondere insieme ai Daft Punk il meglio dell’introspettività e della creatività sfoggiata in “Junior” (2009) e “Senior” (2011). Una Around The World con un vero testo. Il livello qualitativo viene mantenuto alto dalla seguente Monument, peccato risulti essere una seconda versione in chiave ballabile dell’originale - e monolitica - contenuta nell’EP “Do It Again”. Le liriche maggiormente profonde ed emotive rappresentano un’altra innovazione alla discografia Röyksopp, caratteristica onnipresente ad ogni nuova traccia, anche se bisogna attendere (quasi) le ultime due a chiusura del primo CD per tornare alle vette qualitative dell’apertura. In mezzo c’è un incerto susseguirsi di dream dance, trip hop, eurodance, ognuna mescolata al dance-pop che li aveva caratterizzati maggiormente negli ultimi due lavori sulla lunga distanza: si va dalle tracce un po’ (tanto) Massive Attack di You Know I Have to Go, Here She Comes Again e Compulsion, passando per le spensierate Save Me - dove Robyn sembra una Madonna tardi anni ’90 accompagnata da un pezzo dei suoi (si fa per dire) – e I Had This Thing – che ha il merito di dare il primo testo profondo all’eurodance - fino a un Robert Miles d’annata a far da sfondo a Running to the Sea.

 

Rispetto a queste si ergono il synth-pop/trance-pop di Sordid Affair e il magniloquente mantra Rong, dall’inizio minimale - in cui la frase ossessivamente ripetuta diviene parte della polifonia - e dal finale condito da archi ad aumentarne l’impatto emotivo. Le finali Coup de Grace e Thank You rappresentano perfettamente le due anime compositive: la prima strumentale - unico esemplare del ‘Lato A’ -, introspettiva, melodiosa e a tratti decadente; la seconda funk, pop. Con voce, ma stavolta senza vocalist, grazie al vocoder.roy1 E maledettamente Daft Punk. Il secondo CD ripropone l’hit Do It Again, ancora una volta in tono minore rispetto all’originale, tre pezzi strumentali e la conclusiva Something in My Heart: tutte convincenti e al di sopra della media del primo lotto. Goodnite, Mr. Sweetheart, un synth-pop dal carattere introspettivo ma ballabile è la prima del terzetto senza voce, seguita dalle altrettanto introspettive Caramel Afternoon e Oh No!, due piccole gemme che riescono a scavare un solco nell’umore. Talmente tanto da risultare stordente l’impatto con la conclusiva Something in My Heart, che strizza di nuovo l’occhio al Trip Hop dei Massive Attack. Si ha la sensazione che eliminando qualche passaggio a vuoto, e quindi riducendo la durata del disco, l’opera non avrebbe risentito nel significato finale (tranne l’ultima dedicata ai fans, tutte le tracce del primo CD sono collegate tra loro nel raccontare l’evolversi di una storia d’amore travagliata), e l’impressione complessiva sarebbe stata notevolmente migliore. Eppure a Berge e Brundtland 80 minuti non bastano più.

Voto: 6/10
Davide De Marzi

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