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19 Settembre 2016 , ,

Katatonia THE FALL OF HEARTS

2016 - Peaceville Records
[Uscita: 20/05/2016]

Svezia   #consigliatodadistorsioni     

 

katatonia - fallEsiste una cresta argentina della cupezza che Katatonia surfa pericolosamente da almeno cinque lustri animando con questo speciale daltonismo dell’orecchio i lidi démodé del doom e del progressive. Non è questo il luogo per ricostruire questa lunga cavalcata lunga dieci LP, è tuttavia un luogo propizio per rinnovare la sorpresa con la quale anche in questo caso salutiamo l’ennesima piccola variazione che fa, letteralmente, la differenza.

E così anche “The Fall of The Hearts” riesca e ghermire quell’infinitesimale scricchiolio sonoro nel quale si annida qualcosa come la creazione artistica. Che essa passi per il sebaceo decadentismo kitsch rivelato dall’eponimo Lord Seth utilizzato inizialmente da Jonas Renkse come pegno di appartenenza ad universo sottoculturale tempestato da brufoli e paganesimo non sempre illuminato dalla luce del progressismo; ebbene che esso passi per quello o per la più sobria e distesa composizione progressive degli ultimi dieci anni poco importa. Katatonia vive di languori improvvisi, e di secche incipienti come Serac suggerisce in modo disteso anche all’orecchio meno accorto.

 

kataLa sorprendente Takeover ci sembra rappresenti in breviario la storia di quanto si va raccontando e quanto Katatonia ha sin oggi raccontato, vale a dire voce trasognata, melodie facili ma mai banausiche, aggressività sempre sul punto di esplodere, un certo gusto per lo sperpero temporale, una angustia compositiva realmente opprimente, l’uso straniante di flanger e chorus e le ormai indispensabili copertine di Travis Smith. Vi è tuttavia rispetto al passato, un uso divergente delle tastiere che diventano parte essenziale della costruzione sonora laddove non si era mai andati oltre -anche nei felici momenti di “The Great Cold Distance”- lo stucco barocco, la rotondità sonora, il ritaglio smaccato: Shifts è lì, testimone vintage e pomposa di queste nostre affermazioni.

 

Così come in Serein e, se possibile, in misura ancora maggiore nel conclusiva Passer, risuona il turgore gelido degli esordi ben mondato nei sui aspetti più ingenui dal tocco felicemente alieno di Roger Öjersson proveniente dalla formazione power blues dei Kamchatka. Tocco capace di tramutare l’eco ormai lontano di “Brave Murder Day” in una freccia neo prog di potenza vivissima imprimendo alla massa sonora Katatonia quello spin jonasche solo sembrava mancarle nelle ultime sortite, valgano per tutte le sofficità immobili del precedente “Dead End Kings”. Con l’ingresso alla batteria di Daniel Moilanen la band incrementa il tasso tecnico sfruttando in modo finalmente completo la sensibilità creativa messa in campo dalla premiata ditta dello strazio Anders 'Blakkheim' Nyström (foto sopra a destra) - Jonas Renkse (foto a sinistra) i quali trovano il prodigio definitivo con la preziosissima Residual, una perla ben nascosta dalle valve di una difficile evoluzione ritmica fatta di pattern cangianti e una sessione di programming per la prima volta in assoluto nella storia della band all’altezza delle sue velleità compositive.

kata1Se il marchio di fabbrica Katatonia aleggia nella morbosa attenzione riservata agli arrangiamenti e alla costruzione delle atmosfere, ciò che fa di The Fall of Hearts il nuovo canone della band è da una parte l’abbandono, nonostante il titolo dell’album, della retorica esistenzialista; dall’altro l’apertura su modalità espressive sinfoniche in senso proprio. La vera sfida a questo punto sarà mantenere queste premesse e queste promesse in uno spettacolo live. Nel caso li aspettiamo al bivio dove la bravura incrocia la mitologia. Difficilissimo, bello e possibile. 


Voto: 8/10
Luca Gori

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