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6 Luglio 2012 ,

Joe Jackson THE DUKE

2012 - Ear Music
[Uscita: 26 /06/2012]

joe jackson the duke# Consigliato da DISTORSIONI

 

Joe Jackson ha sempre flirtato con l’era dello swing, non è un mistero: risale al 1981 la prima volta in cui l’ha fatto in modo compiuto in un suo album, “Jumpin’ Jive” (A&M), una full immersion assolutamente  piacevole nelle musiche delle big band splendide e lussureggianti di padrini illustri di due decadi, i 30 ed i 40:  Cab Calloway, Louis Jordan,  Bill Meyers, Lester Young ed altri. Qualche anno dopo, nel 1984, un altro suo notevole lavoro, “Body and Soul” riprende sin dalla copertina la grafica della Blue Note, la più importante etichetta jazz di tutti i tempi, e gli arrangiamenti dei brani contengono molte squisite componenti del genere. 1988: Jackson firma la soundtrack per lo più strumentale per il film “Tucker”, un’altra mini ubriacatura  swing, ragtime e blues. Dopo l’altra sbornia negli anni 90, questa volta solenne, per la musica classica, Joe ritorna sui suoi passi nell’album del 2000 Summer in the City: Live in New York”, con l’esecuzione di un classico di Duke Ellington, Mood Indigo, che col senno di poi appare una sorta di  piccolo aperitivo della compiuta operazione sulle musiche del ‘duca dello swing’ che l’eclettico e geniale artista inglese  conduce in porto con questo  nuovo “The Duke”.

 

“Ellington non ha mai considerato sacri I suoi arrangiamenti – afferma Jackson -  egli ci lavorava su varie volte, cambiandoli a volte radicalmente. Quindi penso che il mio approccio sia nel suo stesso spirito. Io nutro un rispetto riverente per Duke Ellington, ma non ho voluto che questo fosse un album riverente”.

 

Si tratta esattamente di ciò che Jackson ha fatto con “The Duke”: una robusta iniezione di  ‘modernismo’ e vitalità nei classici del maestro jazz, esaltandone le componenti pan-etniche già in nuce. Tra i numerosi e illustri ospiti ad esempio Jackson fa cantare dalla cantante iraniana Sussan Deyhim la celebre Caravan, con un esito a dire il vero un po’ oleografico da ‘cartolina esotica’. Molto più vibranti e fresche le interpretazioni di Perdido della cantante Lilian Vieira, del combo brasiliano/olandese Zuco 13, e di  I Ain’t Got Nothin’ But The Blues della bravissima Sharon Jones; Jackson in realtà canta in questo album solo in quattro brani, la sua funzione primaria è, come su accennato, quella di produttore ed arrangiatore ed ancora una volta lo fa alla grande rivestendo il patrimonio artistico di Ellington del suo tocco inconfondibile ed eclettico: riesce a far duettare con lui in modo brillante il grande Iggy Pop – immagino l’ennesimo sconcerto dei suoi fan storici dopo “Après” – nella classicissima It Don’t Mean A Thing (If It Ain’t Got Thet Swing), sottoposta ad un trattamento addirittura hip hop.

 

Certo il pericolo del manierismo è sempre in agguato dietro l’angolo, soprattutto negli ‘strumentali’ Isfahan, The Mooche/Black and Tan Fantasy, Rockin’ In Rhythm e qualche volta ha la meglio; Jackson però in generale è bravo a schivarlo sostituendo i fiati - dominatori delle versioni primigenie - con le timbriche  agili ed eleganti dei violini della jazzista Regina Carter e della sua collaboratrice storica Allison Cornell, con le percussioni e la chitarra dei fidatissimi Sue Hadjopoulos e Vinnie Zummo, con l’aggressività delle corde di Steve Vai e del bassista Christian McBride: il tutto con graditissimi, non rari richiami Steely Dan, e manco casuali quando poi si scopre che “The Duke” è stato registrato e missato dal sette volte vincitore di Grammy Elliot Scheinerche ha lavorato in passato proprio con Donald Fagen - Steely Dan oltre che con Sting e Bob Dylan. Per apprezzare questo album occorre – ma non è naturalmente obbligatoria - una buona dose di eclettismo, lo stesso che ha guidato mente e mano dell’uomo che l’ha concepito, un assassino che è tornato sul luogo del delitto rinnovandolo con precisione questa volta chirurgica.

 

Pasquale Wally Boffoli

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