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26 Maggio 2014 ,

The DeSoto Caucus THE DESOTO CAUCUS

2014 - Glitterhouse Records
[Uscita: 11/04/2014]

DESOTOEssere i discepoli di un maestro può risultare gratificante (se il maestro è magnanimo) e problematico allo stesso tempo. Prendiamo il caso dei DeSoto Caucus, la band danese guidata da Anders Pedersen che da diversi anni accompagna nelle sue peregrinazioni quell’hobo lunatico di Howe Gelb. Da un lato hanno assorbito gli aspetti migliori della poetica sghemba e personalissima di mister Giant Sand; dall’altro ne hanno assorbita, ehm, troppa. Il che comporta un surplus di qualità nell’esposizione ma un altrettanto consistente deficit di personalità nella scrittura. L’album omonimo uscito recentemente per la Glitterhouse – terzo in totale, secondo distribuito  internazionalmente - conferma l’impressione: eccellenti musicisti, buone canzoni, grande sapienza nella gestione degli spazi sonori, ma zero voglia di smarcarsi dall’ombra del boss. Un peccato, perché come dicono gli allenatori di calcio “qui ci sono qualità importanti”. Però, insomma, quante volte abbiamo ascoltato quella voce sussurrata e indolente che pare filtrata da un microfono anni 50 (Bridges of Bern è un calco preciso al millimetro), quelle chitarre desertiche, quel basso acustico dai sonnolenti toni jazzy, quelle batterie spazzolate, quel misto di toni da crooner e di psichedelia a bassa intensità?

 

 Per non parlare dell’immaginario da frontiera, che per un gruppo danese – ammettiamolo - pare un po’ forzato. Tutto molto bello ed elegante, per carità. Perfetto per un ascolto defatigante e in souplesse, ma un po’ di spirito d’avventura in più sarebbe gradito. Ballate ombrose e avvolgenti quali Come Undone sono tutt’altro che brutte, idem canzoni più easy come Lighthouse, ma quante volte, per l’appunto, le abbiamo già sentite da Gelb (e daDesoto Dam shot tweak Steve Wynn, da Mark Lanegan, da Hugo Race, da Chris Eckman, dai Calexico e così via)? Qui c’è l’altro aspetto del problema, che riguarda più in generale quel suono che è ormai diventato un marchio di fabbrica della Glitterhouse e di certo cantautorato rock “laterale”: un suono che si sta pericolosamente ripiegando su stesso, e che soffre di staticità e coazione a ripetere. Ovviamente, non è a Pedersen e soci che si chiede il colpo di reni, ma nella prossima occasione non sarebbe male provare a replicare lo spirito e non la lettera dell’insegnamento di Howe Gelb. Che nel booklet viene ringraziato per essere sempre “way ahead of the curve, venturing into uncharted land and keeping the door open for subsequent sonic voyagers”. Ecco, appunto. Provateci anche voi, ragazzi.

 

Voto: 6/10
Carlo Bordone

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