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15 Agosto 2018 , , ,

The End SVÅRMOD OCH VEMOD ÄR VÄRDESINNEN

2018 - RareNoise Records/Goodfellas
[Uscita: 29/06/2018]

Norvegia-Svezia-Etiopia-Stati Uniti   #consigliatodadistorsioni     

 

Svarmod_Och_Vemo_5b50994357221Il sassofonista norvegese Kjetil Møster ci aveva sorpreso un paio di anni fa con lo straordinario lavoro del progetto  Reflections In Cosmo che vedeva tra i suoi azionisti di maggioranza anche il chitarrista Hans Magnus Ryan dei Motorpsycho impegnato a ricamare in controtempo riff taglienti per una della più importanti uscite avant-jazz degli ultimi anni. Eppure quel disco straordinario rimaneva all’interno di un sentire ben noto navigando, avendo presente un orizzonte di senso condiviso con gli ascoltatori. Ora Kjetil Møster torna con il difficile “Svårmod Och Vemod Är Värdesinnen del nuovo progetto The End costruito insieme all’altro grande interprete del sax baritono scandinavo, lo svedese Mats Gustafsson (The Thing, Fire! e Nu Ensemble), al chitarrista norvegese noise-jazz Anders Hana (MoHa!, Ultralyd, Noxagt) e al batterista americano Greg Saunier; si diceva un album difficile che deve la sua propria aura di iniziale impenetrabilità alla carica rivoluzionaria che lo attraversa da cima a fondo e che in gran parte è costruita intorno alla interpretazione da fenomenologia dello spirito musicale della cantante di origini etiopi Sofia Jernberg.

 

theend1550In un contesto da fiera delle atrocità il disco che qui si presenta riesce a riscrivere le categorie essenziali di ciò che chiamiamo avanguardia fondendo in una nuova narrazione le storie chiamate jazz, fusionnoise,death metal e che confluiscono nel nuovo corso inaugurato dall’iniziale Svårmod (Troubled Mind) nella quale la cupa scarica elettrica della chitarra di Hana crea il palcoscenico per i vocalizzi di un altro mondo della Jernberg. Non sarà facile da digerire per i fan di lunga data di Mats Gustafsson, ma la cosa più vicina all’attitudine con la quale il collettivo The End apre il disco, più che i classici dell’avaguardia jazz contemporanea, è la violenza disgregante proveniente dagli ambiti più estremi del metal contemporaneo: un riferimento su tutti i Cult of Luna di “Mariner”. Così come Translated Slaughter, che si apre con un testo scritto da Gustafsson, guarda insistentemente a Sophisticated Vampires degli scandinavi The 3rd And The Mortal. In Don’t Wait emerge invece in modo stupefacente l’equilibrio tra tutte le fonti dalle quali l’album prende corpo, dal rock più mosterclassico, alle sperimentazioni avant degli anni ’80 alle improvvisazioni di Diamanda Galas. La componente noise/industrial emerge invece con forza in Both Sides Out, scritta da Kjetil Møster (nella foto): è un incubo a occhi aperti sul mondo nel quale l’artista immagina “[…] di essere lo psicanalista di Trump che cerca di far emergere i suoi sentimenti più profondi nel tentativo di lasciarli spurgare e renderlo meno ostile e aggressivo.” I musicisti di The End producono un lavoro che dilania e diverte, capace di mimetizzare l’ironia nelle ferite inferte da stilettate sonore che colpiscono a freddo in un magmatico buio della ragione e della melodia. Un disco che ti possiede e che occorre possedere. 

 

Voto: 8,5/10
Luca Gori

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