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19 Maggio 2020

Rose City Band Summerlong

2020 - Thrill Jockey Records
[Uscita: 15/05/2020]

Seconda prova per la Rose City Band di Ripley Johnson, ennesima occasione a disposizione dello sciamano di Portland per canalizzare le sue molteplici personalità neo-psichedeliche, che si schiudono in "Summerlong" (Thrill Jockey Records) nella loro gradazione più limpida ed accessibile. A marcare il divario tra i suoi già affermati progetti, in Rose City Band Johnson abbandona il drone-fuzz dei Wooden Shjips e le impalcature elettroniche di Moon Duo, per favorire sonorità più pulite, calde ed accoglienti, trasportando i pilastri portanti del country e del blues nella sua personale cornice cosmica. Il caloroso abbraccio di benvenuto nell’Eden di Johnson è affidato a Only Lonely, introduzione all’atmosfera dilatata e serena del disco ed indicazione del formato di songwriting. Le strofe vengono scandite da intro e code allucinogene, assieme ad ipnotici bridge in cui appare centrale lo strumento a sei corde. Proprio negli eterei fraseggi di chitarra sboccia con impeccabile grazia il caleidoscopico fiore di Rose City Band che, oscillando tra cristalline sonorità mercuriali anni ’60 ed irruzioni nella psichedelia moderna, innalza la reputazione di Johnson a singolare “guitar hero” dei nostri giorni. Impossibile non pensare agli arcobaleni atmosferici dei Grateful Dead, per quanto riguarda la varietà delle improvvisazioni: si ha prima l’illusione di un momento di quiete, per poi venire intrappolati in un acido groove psichedelico nella polimorfa Empty Bottles, in cui i riff passano da sonorità solidamente strutturate a sonorità liquide ed evanescenti, fino a rarefarsi e a fondersi con il panorama strumentale di sottofondo. In confronto al primo lavoro di Rose City Band, in "Summerlong" è individuabile, seppur in maniera molto sottile, un’iniezione di Americana. Ci ritroviamo in piena Highway 61 posando l’orecchio su Real Long Gone, blues cavalleresco impregnato di outlaw country e distillato con una tirata strumentale reminiscente del periodo d’oro Dylanesco. Sebbene spoglio del suo solito minimalismo e rinforzato da una maggiore stratificazione sonora, lo stile compositivo di Ripley Johnson si attiene alla filosofia della semplicità: le mosse iniziali appaiono soggette alla legge del twelve-bar blues, mentre le gioiose risoluzioni armoniche pulsano di una personalità propria, caratterizzate da una peculiare delicatezza ma, allo stesso tempo, cariche di sostanza. Sono presenti nell’album anche pezzi dalle modulazioni ampie e guidate da ritmi robusti e trascinanti, come Wee Hours e Wildflower, che chiudono il disco con un andamento leggermente alienante ma che  riescono comunque a portare a termine il luminoso viaggio di Rose City Band. Nonostante la presenza di pezzi più energici, il disco non perde la sua qualità di estatica calma: anche le jam più variegate e movimentate (Reno Shuffle) e i galoppanti scambi di accordi (Morning Light) emergenti dalle visioni di Johnson sono velati da una pace intrinseca, favorendo l’integrità della struttura concettuale dell’album e rendendola perfetta per gustarsi spensieratamente i primi, caldi tramonti d’estate.

Voto: 7/10
Gabriele Bartoli

Audio

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