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13 Aprile 2014 ,

Bryce Dessner - Jonny Greenwood ST. CAROLYN BY THE SEA – SUITE FROM “THERE WILL BE BLOOD”

2014 - Deutsche Grammophon/Universal Music Classics
[Uscita: 03/03/2014]

Dessner St. Carolyn By the Sea Greenwood Suite# Consigliato da Distorsioni

 

Fino ad oggi le rock star che si sono cimentate nella musica classica non hanno mai avuto grandi riscontri, soprattutto da parte del pubblico. Solitamente il rapporto che i musicisti rock hanno avuto con questo genere così oscuro e impenetrabile si è limitato alla reinterpretazione di composizioni classiche in chiave rock: di esempi se ne possono trovare a dozzine nell’epoca d’oro del progressive, dalla rilettura di “Pictures at an Exhibition” di Mussorgsky degli ELP all’Ave Maria di Bach degli Ekseption al più famoso di questi esperimenti, A Whiter Shade of Pale dei Procol Harum, una canzone basata sull’Aria sulla quarta corda di Bach. Ma di composizione vera e propria troviamo ben poco. Questo disco, nato da un’idea del direttore d’orchestra della Copenhagen Orchestra, André de Ridder, ribalta, o meglio, sconvolge tutto quello che è stato detto fino ad ora. Perché con questo cd ci troviamo davanti ad un’opera d’arte nel vero senso della parola: un lavoro che raccoglie composizioni classiche di due chitarristi rock appartenenti a due delle formazioni più importanti della scena musicale odierna, Bryce Dessner dei The National e Jonny Greenwood dei Radiohead. Una sorpresa a metà, certo, dato che le opere del secondo artista non sono degli inediti, bensì una suite che raccoglie i temi da lui composti per la colonna sonora del film del 2007  "There will be blood”. ("Il Petroliere", con Daniel Day-Lewis)

 

Un lavoro coraggioso, straripante di idee e di energia creativa senza alcun dubbio, dove tuttavia resta, seppur nascosta dalla qualità della musica, una domanda di fondo: perché accostare le opere di questi due artisti in modo così stretto? Certo, i due compositori, oltre ad essere entrambi chitarristi, hanno altre cose in comune: volano attorno alla musica classica da ben prima di diventare famosi con il rock, ed entrambi producono musica straordinaria. Ma hanno anche degli stili molto personali, forti, difficilmente accostabiligreenwood proprio per la loro pronunciata personalità. Andrè de Ridder riesce a trovare un filo conduttore che lega i due mondi: il loro gusto tipicamente americano per i campi aperti, per la descrizione sonora di paesaggi che darebbero attacchi di panico a qualsiasi agorafobico. La prova più calzante di questo indirizzo musicale è Open Spaces, la traccia di apertura della suite di Greenwood, che basa la sua struttura su una serie di lenti glissando d’archi che ricordano alcuni passaggi del compositore polacco Penderecki (non a caso uno degli artisti preferiti di Greenwood), che regalano (anche senza l’ausilio delle immagini del film) la visione della scia di un tenebroso vento che alza la polvere di un intero deserto. I vuoti che intercorrono tra i botta-e-risposta dell’orchestra acuiscono il senso di desolazione tipico di un ambiente selvaggio e abbandonato. L’atmosfera non cambia nelle tracce che seguono, composizioni che dipingono quadri di un paesaggio inospitale in cui, tra le pieghe delle note, l’avidità del petroliere, protagonista del film, è il sentimento più riconoscibile.

 

L’apice, emotivo e musicale, lo troviamo in Oil, dove una struggente melodia chiude con un tanto malinconico quanto fragile senso di umanità l’intera opera. La cosa che più sorprende in questo ultimo movimento è quanta disperazione Greenwood sia riuscito a tirare fuori da una scala maggiore. Le opere di Dessner occupano più di metà del disco, e andè de ridderstupiscono per la loro complessità e dinamicità. Soprattutto in St. Carolyn by The Sea il crescendo di pathos e di strumenti che percorre l’intero brano lascia col fiato sospeso, e, caratteristica molto interessante e ben riuscita in questo caso, sembra non voler ridare fiato all’ascoltatore nemmeno quando il pezzo si conclude. Ai primi ascolti, infatti, il finale sembra quasi mancare, ci si attende qualcosa che chiuda definitivamente il discorso, una frase che possa scaricare la tensione accumulata in 13 minuti. Ma Dessner non ubbidisce a queste logiche, reimmergendo d’improvviso nel vuoto l’orchestra e tessendo con Lachrimae un nuovo tappeto sonoro quasi invisibile per quanto è sottile e delicato. La chitarra del gemello di Bryce Dessner (Aarson, anche egli chitarrista dei The National), colora discretamente la tela delle composizioni, emergendo di tanto in tanto con un suono pulito e ricercato e per il resto del tempo allineandosi con grande disciplina con gli altri strumenti. “Dessner St. Carolyn By the Sea Greenwood Suite” è un disco sperimentale, difficile da digerire, ma è anche una grande prova di come la musica classica contemporanea riesca ancora a sorprendere e, addirittura, a emozionare; il suo maggior pregio è la capacità di confermare e raccogliere sotto un unico tetto due delle menti più eclettiche della musica del ventunesimo secolo. 

Voto: 8/10
Lorenzo Berretti

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