Migliora leggibilitàStampa
19 Febbraio 2015 , ,

Eric Chenaux SKULLSPLITTER

2015 - Constellation Records
[Uscita: 17/02/2015]

 Canada

 

SkullsplitterDal gotha della musica canadese, la Constellation Records (che vanta nomi quali Vic Chesnutt, Godspeed You! Black Emperor e Carla Bozulich, tanto per citare un tris d’assi ), Eric Chenaux giunge al quinto album solista con Skullsplitter, quasi tre anni dopo  “Guitar & Voice”, e fin da subito si ha l’impressione di esser di fronte ad un’appendice del disco precedente: lo schema proposto è il medesimo, ovvero duetti che possono al massimo diventare terzetti tra canto, chitarra e synth. La tecnica sopraffina, sia alla chitarra che alla voce tendente ad un quasi perenne e chiarissimo falsetto, supporta alla perfezione i momenti più coinvolgenti come l’opening Have I Lost My Eyes, uno straniante alt-folk tra echi di wah wah atti a comporre una sorta di ritmo cadenzato alla traccia, avvolgendo soavemente la voce; la title-track Skullsplitter, la cui atmosfera e’ simile al neo-classical di un inedito Eluvium con cantato e Spring Has Been A Long Time Coming dove la chitarra acustica inizia le sue sghembe tessiture che fanno da tappeto per la quasi totalità della seconda parte dell’opera. 

 

Ma sembra esser la stessa tecnica a spegnere il fuoco del pathos, e l’intimismo permeante i pezzi già citati diviene un quasi totale isolamento dal mondo esterno, in passaggi quali Poor Time e The Henri Favourite. L’improvvisazione di Le Vieux Favor, pur priva di tecnicismi, allontana ancor di più lo spettatore dall’artista, come se quest’ultimo volesse rimaner solo con la sua musica, così come in The Pouget. E anche se EricChenaux_2015l’interessante e strumentale My Romance (che richiama fortissimamente Sliabh Aughty contenuta in Guitar & Voice) insieme alla conclusiva Summer & Time riescono a far breccia nell’emotività del trascurato ascoltatore, il senso di lacuna, di incompletezza, non va via neanche alla lunga. Al di là del titolo, il cranio del pubblico viene solo leggermente scosso. Un vero peccato dato l’innegabile potenziale compositivo del virtuoso chitarrista, capace di creare atmosfere avvolgenti ma scarne, semplici e allo stesso tempo impegnative. Dunque qualcosa in più era lecito aspettarselo, giunto ormai al venticinquesimo anno d’attività  tra collaborazioni e carriera solista, e quasi vien da chieder scusa per aver ascoltato l’intimissima musica del cantautore avant-garde: chiudiamo la porta del suo studio e ce ne andiamo in punta di piedi. 

 

Voto: 5.5/10
Davide De Marzi

Audio

Video

Inizio pagina