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2 Marzo 2013 ,

Eric Legnini & The Afro Jazz Beat SING TWICE

2013 - Discograph
[Uscita: 29/01/2013]

eric legniniEric Legnini è un pianista belga quarantaduenne di chiare origini italiane: la dicitura “& The Afro Jazz Beat” potrebbe far drizzare le orecchie a tutti gli amanti delle contaminazioni facendo pregustare loro un ascolto a base di pirotecniche percussioni e ruggenti sezioni di fiati, ben temperate dagli afflussi freddi provenienti dal “Plat Pays” (Jacques Brel dixit). Invece, niente di tutto questo, o meglio, solo qualcosa, in corrispondenza di Yan Kadi, uno dei due pezzi ai quale partecipa l’ottima vocalist maliana Mamani Keita. Il resto è un buon disco di jazz, moderno, ottimamente suonato e altrettanto ottimamente cantato dalle tre “guest stars”, la già citata Mamani Keita, il britannico Hugh Coltman e la nippo-americana Emi Meyer, ognuno dei quali apporta ai brani a cui partecipa la propria sensibilità peculiare.

 

È opportuno un minimo approfondimento sul “band leader”: nativo di Huy, luogo ben noto agli appassionati di ciclismo (e di birra), si avvicina ancora bambino al pianoforte e, fresco di conservatorio, nel 1988 si trasferisce negli States per approfondire gli studi in materia jazzistica. Ritorna a Bruxelles dopo un paio d’anni e, mentre insegna al locale conservatorio, inizia a collaborare con figure importanti del jazz europeo, e francese in particolare, come Aldo Romano, Philippe Catherine, Jacques Pelzer e altri. Nel 1990 forma il trio a suo nome, con Stefano Di Battista e Flavio Boltro. Da allora ha pubblicato una decina di dischi di cui il penultimo, “The Vox”, ha dato inizio a una svoltaeric legnini “vocalese”, che, a detta del nostro Eric, gli permette di continuare a far musica senza annoiarsi. E personalmente mi sento di condividere da ascoltatore la sua affermazione: questo è un disco che non annoia affatto, nemmeno dopo ripetuti ascolti, tanto più nella  “deluxe edition”, che contiene anche le versioni strumentali dei sei brani cantati.

 

Un disco piacevole, quindi, un po’ in bilico tra il pop e il jazz: il primo “vince” in particolare nei pezzi con Hugh Coltman alla voce, dal tono bluesy (Salisbury Plain, If Only For A Minute), oppure sussurrata, da “crooner” nella cantilenante Snow Falls, e nell’ottima Winter Heron, impreziosita dalla splendida voce di Emi Meyer e da un brillante assolo di Eric. Più che di pop possiamo parlare di influenze afro per i due pezzi ai quali collabora Mamani Keita, anche se in modo assai diverso tra uno e l’altro, visto che Yan Kadi, come già evidenziato, è un afro-beat trascinante e “osservante” nei suoni dominati dalla sezione dei fiati e dal Fender Rhodes di Legnini, mentre The Source affonda radici nella tradizione dei “griot” maliani, pur essendo sostenuta da una struttura di matrice jazz evidente. La stessa che permea i restanti brani, con una menzione particolare per la “title track”, in cui spicca il piano acustico, e per la bellissima Carmignano, preda del piano elettrico. Per me, una rivelazione.

 

Voto: 7,5 /10
Luca Sanna

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