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4 Aprile 2020

Black Lips Sing In A World That’s Falling Apart

2020 - Fire records
[Uscita: 24/01/2020]

C’è sempre un’aria pregna di tensione e scetticismo quando una band ascesa ad una ben definita scena musicale compie lo sforzo di allontanarsi dalla propria comfort zone per esplorare nuovi mondi sonori. Con il loro nono album (ed il loro primo sotto Fire Records), i Black Lips ci dimostrano che si può fare a pezzi un copione ridondante e riuscire a creare qualcosa di fresco ed altamente godibile senza compromettere le fondamenta dei propri valori. L’ultima fatica del quintetto di Atlanta capitanato da Cole Alexander, "Sing In A World That’s Falling Apart”, rappresenta uno scisma da quel suono caotico e chiassoso che, insieme a quasi 20 anni di furiose performance tanto controverse quanto leggendarie, li ha resi una delle band di culto più adorate della scena garage americana degli anni 2000. Nel processo, i Lips non si sono abbandonati a se stessi: al contrario, hanno portato con sé i loro elementi più distintivi e il sudore da sala prove in un logoro scenario Southern, mischiando i cliché ed i mostri sacri dell’Americana al loro approccio lo-fi e allo storytelling irriverente e provocante. Il risultato è una polveriera di outlaw country, stomp animalesco e honky-tonk che in nessun modo punta a sacrificare il ritmo a favore della melodia. Antiteticamente il disco, che a un primo ascolto appare fratturato da un pezzo all’altro, raggiunge un equilibro estasiante quanto consistente alternando lo spirito selvaggio e l’educazione DIY punk della band (Holding Me Holding You, Odelia) a momenti di redenzione e di acquisita maturità, espresse sotto forma di rauche ballate reminiscenti della Cosmic American Music di Gram Parsons e dei Byrds (Gentlemen, Get it On Time, Georgia). Il punto di forza più travolgente della band rimane, senza dubbio, il talento che gli incontenibili Georgiani possiedono nel comporre melodie accattivanti senza cedere a cadenze pop. Difatti, questi si riconfermano abili creatori di grezzi cori da stadio, artigiani di memorabili anatemi che si agganciano all’ippocampo con armonie vocali ammalianti, senza mai risultare stucchevoli (Rumbler, Live Fast Die Slow). L’evoluzione stilistica della band è facilmente riconoscibile negli arrangiamenti in puro style country, in cui sono presenti insolenti riff di armonica (Hooker Jon), fingerpicking di chitarre morbide ma anche slide guitars e lap steel (Chainsaw), senza dimenticare gli originalissimi fills di sax dal registro basso che rievocano il R&B più danzereccio di Little Richards (Angola Rodeo). Nonostante un livello di sofisticazione strumentale e compositiva decisamente maggiore rispetto ai loro lavori precedenti, i Black Lips continuano a portare con sé un sentimento di trasgressione ed una leggerezza che è irrevocabilmente marchiata a caldo nella loro attitudine. “Sing In A World That’s Falling Apart” è il segno di una band che cavalca con il dito medio alzato di fronte al rischio di alienare se stessa ed i propri fan. Non prendiamoci in giro: i Black Lips non sono, almeno tecnicamente parlando, dei grandi musicisti (e di questo ne sono consapevoli), ma all’interno di una scena in cui è difficile spesso distinguere una band dall’altra, pochi come loro riescono a far trapelare, nella loro arte, una devozione così incendiaria per il mito del rock’n roll più primitivo, più diretto e privo di fronzoli. La loro fortuna è che, da dei fuorilegge di tale calibro, non esiste alcuna aspettativa di innovazione a livello musicale.Tuttavia, in un mondo che sta cadendo a pezzi, c’è indubbiamente bisogno di persone che cantino, e a squarciagola. La prospettiva è decisamente rinfrescante e, da loro, ci basta.

Voto: 7.5/10
Gabriele Bartoli

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