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19 Maggio 2015 ,

Jim O'Rourke SIMPLE SONGS

2015 - Drag City
[Uscita: 19/05/2015]

Stati Uniti  #consigliatodadistorsioni

 

jim oJim O’Rourke, come si suol dire un personaggio che credevamo scomparso. Negli anni ’90 il polistrumentista di Chicago era stato il motore mobilissimo di tutte le scene musicali più cool. Nel terzo millennio, dopo aver pubblicato quasi contemporaneamente il secondo disco solista di canzoni, “Insignificance” (bello, ma non ai vertici del precedente “Eureka”), e un disco di sperimentazione, “I’m happy, and I’m singing, and 1,2,3,4”, aveva annunciato nel 2003 un nuovo disco di canzoni, che descriveva come molto ambizioso e inciso con una grande orchestra. Questo disco non è mai uscito. Da allora O’Roruke è praticamente scomparso. Si è trasferito in Giappone, dove ha collaborato con Kaimi Kahrie (quella dello stracult “Una giapponese a Roma”) e altre musiciste, il suo imprinting è evidente per esempio nei dischi, molto belli, di Eiko Ishibashi. Ha avuto lo studio distrutto dal terremoto; ha pubblicato vari dischi di materiale inedito di inizio carriera; si è detto che lavorava per il cinema, che preparava l’esordio da regista; ma a parte un cortometraggio, “Door” (2003), la collaborazione alla colonna sonora di “School of rock” e un paio di apparizioni nei film di Herzog, nemmeno al cinema ha contribuito molto. 

 

rourkeNel 2009 ha rotto il silenzio con “The visitor”, un disco con un’unica traccia strumentale, in cui suona tutti gli strumenti, gradevole, ma di cui si poteva dire: la montagna ha partorito il topolino.   Ed ecco, quando non ce lo saremmo più aspettato, “Simple songs”, il tanto atteso disco di canzoni. Diciamo subito due cose importanti: la prima è che l’ascolto contraddice il titolo, le canzoni di Jim sono tutt’altro che semplici, sono piccole suite con continue variazioni, con quei rallentamenti e momenti di sospensione che sono suo marchio di fabbrica sin dai tempi dei Gastr del Sol, gli arrangiamenti raffinati e le melodie preziose. La seconda è, lo avrete già intuito, che il disco è eccezionale. C’è un aria molto anni ’70, l’atmosfera è molto americana, la collaborazione coi Wilco ha lasciato ampie tracce. Ma non manca il riferimento al prog, quando i ritmi si fanno complessi, quando un pianoforte scintillante, in Friends with benefits, ruba il proscenio alle chitarre. 

 

jimLa voce di O’Rourke si è fatta col tempo più roca, anche in questo siamo dalle parti del prog, in certi passaggi torna in mente addirittura Howard Werth degli Audience, anche se il tono è più acuto. Il disco acchiappa fin dalla prima canzone, e va in crescendo. Le ballate sono il punto di forza del disco, già da titoli come Half life crisis o All your love comprendiamo che si tratta di un disco molto autobiografico. Non è l’annunciato disco orchestrale, solo alcuni passaggi di archi o fiati qui e là, i collaboratori sono musicisti giapponesi. Una cesura col passato è la copertina, che presenta uno foto invece del consueto art work di Mimiyo Tomozawa. Difficile scegliere una canzone più rappresentativa, in un disco così riuscito. Spiccano però le due tracce che concludono il disco, le più complesse ed elaborate, la più sommessa End of the road, dalle continue variazioni dell’arrangiamento, e All your love, beatlesiana e dal finale esplosivo. Tutt’altro che Simple Songs, semplicemente un capolavoro. 

 

Voto: 8.5/10
Alfredo Sgarlato

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