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18 Ottobre 2020 ,

Fleet Foxes Shore

2020 - ANTI Records
[Uscita: 22/09/2020]

Il quarto disco dei Fleet Foxes arriva come ennesima esperienza di artisti costretti dalla pandemia a trovare un nuovo modo di produrre e pubblicare musica. In realtà l'esperienza di Robin Pecknold di fronte ad un nuovo album in uscita in un anno così travagliato riguarda solo il completamento delle canzoni: “Shore” è stato registrato in massima parte tra il settembre 2018 e il febbraio 2020 in luoghi diversi e poi completato dallo stesso Pecknold durante il periodo di lockdown iniziato a marzo. Va da sé che come ogni disco dei FF, a partire da “Helplessness Blues” (2011), che li aveva visti andare al di là del mero revival indie-folk, “Shore” è l'ennesima metafora della vita interiore di Pecknold e se “Crack-Up” (2017) aveva segnato un sofferto ritorno dopo una lunga pausa e una crisi esistenziale, il quarto album segna invece il passo dell'abbandono alla vita. “Shore” segna una maturità che sa abbracciare un certo grado di leggerezza, in cui Pecknold e soci virano verso un folk-pop alleggerito, ma non passato illeso dalla tappa prog-folk di “Crack-Up”. Sintomatica di questa maturità è l'iniziale Wading In Waist-High Water, in cui la prima voce che sentiamo non è quella (solitamente onnipresente) di Pecknold, ma quella di Uwade Akhere, giovane studentessa e cantautrice lanciata proprio dallo stesso Pecknold con questa collaborazione. Un disco sì personale ed esistenziale, ma anche collettivo, se contiamo che l'unico membro originale dei Fleet Foxes a comparire nei crediti dell'album è Pecknold, che per realizzare “Shore” si è avvalso dell'aiuto di una ventina di musicisti tra cui figurano, tra gli altri, membri dei Grizzly Bear (Christopher Bear, Daniel Rossen) e Kevin Morby. Le quindici tracce di “Shore” sono un flusso continuo di melodie solari e sprazzi pop, secondo un canovaccio che cambia raramente mood e se lo fa, è per accarezzare gentilmente un'anima pacificata (Featherweight, I'm Not The Season I'm In). Per il resto ci si abbandona facilmente ai ritornelli di Sunblind, Jara, Young Man's Game o Maestranza e il risultato è lo stesso: si viene investiti da un pop raffinato di chiara ascendenza brianwilsoniana, finalmente pronto per competere a livello mondiale. L'attesa nell'ombra della scena indie-folk è finita, i Fleet Foxes possono finalmente godere di un loro spazio al sole del pop internazionale.

Voto: 7/10
Ruben Gavilli

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