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26 Febbraio 2013 ,

The Black Twig Pickers ROUGH CARPENTERS

2013 - Thrill Jockey
[Uscita: 18/02/2013]

The Black Twig Pickers “ROUGH CARPENTERS”  18.2.2013 C’è quella scena strafamosa del film “Un Tranquillo Week-end di Paura”, un cult degli anni ’70, in cui i tre protagonisti, partiti per un fine settimana in canoa, si addentrano nelle vallate semideserte dei Monti Appalachi, tra natura selvaggia e incontri inquietanti, in particolare quello, in una cadente stazione di servizio, con un ragazzino autistico dotato di incredibile abilità nel suonare il banjo, con il quale uno dei tre turisti improvvisa un duetto con la sua chitarra, che sfocia in una versione ultraveloce della celebre Duelin’ Banjos, standard virtuosistico della tradizione bluegrass. Io l’ho visto allora questo film e sarà perché mi è rimasto piuttosto impresso (era, in effetti, un film abbastanza scioccante), che quell’angolo di Stati Uniti mi attira in modo particolare. Altrettanto succede per la musica tradizionale, quindi, siccome due più due di solito fa quattro, sono stato subito catturato da questo disco.

 

I Black Twig Pickers, infatti, sono un gruppo di “old time music” proveniente appunto dalla zona dei Monti Appalachi, nel West Virginia, specializzati nella riproposizione di pezzi della tradizione locale, con qualche composizione originale. La formazione comprende Mike Gangloff, Isak Howell e Nathan Bowles, che si destreggiano tra chitarre, violini, banjo, percussioni e armoniche a bocca, ai quali si è recentemente aggiunta la violinista Sally Anne Morgan, il cui arrivo ha spostato il baricentro del repertorio della band più verso le danze. I componenti del gruppo, tra l’altro, non limitano le loro esperienze sonore al folk: Gangloff e Bowles, per dire, hanno fatto parte dei Pelt, gruppo “drone” piuttosto radicale. In ogni caso, questo è un disco assolutamente improntato al recupero della tradizione americana, ovviamente figlia di quella britannica ma dotata di caratteristiche proprie. I nostri la interpretano con trasporto e sudore, come ben si intuisce dal titolo dell’album, che significa, più o meno, “falegnami tosti”, che si adatta bene all’approccio dei nostri, che hanno registrato l’intero disco in un paio di giorni in presa diretta, cosa assai piacevolmente percepibile all’ascolto.

 

Ci sono struggenti ballate come Blind Man’s Lament o Where The Whippoorwills Are Whispering Goodnight, dove il violino la fa da padrone, melodie ancestrali, come Little Rose, un traditional del West Virginia con ancora il violino in evidenza, con l’armonica e il banjo percosso con le bacchette, danze incoercibili come la kentuckiana Banks Of The Arkansas o Charleston Girls, persino un valzerone chiamato Jack Of Diamond, canzone di bevute e gioco d’azzardo cantata con la giusta sguaiatezza. C’è il mio pezzo preferito, Elkhorn Ridge, una danza sfrenata che ti proietta come per magia in un saloon fumoso affollato di montanari e montanare, mentre fuori nevica. Insomma, mettiamola così: questo per me è un gran disco. Non ci sono i chitarroni distorti che tanto ci piacciono, non c’è niente di nuovo, anzi, è tutta roba che arriva dal passato, senza spartiti ma passando sui manici logori di dozzine di banjo e fiddle e chitarre acustiche e per le mani callose di chissà quanti falegnami o taglialegna con la passione per la musica, che alla faccia delle categorie e dei generi, alla fine, è solo buona o cattiva. E questa qui, date retta, è buonissima.

Voto: 8/10
Luca Sanna

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