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21 Marzo 2018

Bobby Previte RHAPSODY

2018 - Rare Noise Records
[Uscita: 23/02/2018]

Stati Uniti      #consigliatodadistorsioni

 

Si circonda ancora una volta di ineccepibili e riconosciuti talenti il batterista Bobby Previte per licenziare il secondo capitolo della trilogia sonora “Terminals” sul tema del viaggio e degli spostamenti nel senso più ampio di questa parola. Dopo il primo CD titolato appunto “Terminals” ecco questo nuovo “Rhapsody” (“Terminals Part II – In Transit” è il sottotitolo) che tratta specificatamente del transito e delle migrazioni (e Previte nelle note non dimentica la sua origine siciliana).

Per volontà del leader l’album è totalmente acustico e musicalmente è una piccola summa delle molteplici esperienze vissute dall’eclettico percussionista americano tra jazz, rock, musica etnica e avanguardie sperimentali, dove, per la prima volta, dopo una centoventina di album tra quelli a suo nome e le collaborazioni, oltre a tutte le musiche, firma anche i testi che raccontano di viaggi, dell’esperienza di sentirsi in transito e in cerca di una destinazione. Testi affidati alla bellissima voce dell’americana-taiwanese Jen Shyu (recentemente vista in tour anche in Italia con la sua band) che in questa occasione suona anche l’erhu, il violino cinese con due sole corde.

 

Testi e contenuti a parte ecco la musica: la meravigliosa Casting Off che apre l’album ha un andamento sommesso e minimalista, condotto dal piano di John Medesky e seguito da tutti gli strumenti, in una sorta di leggero ostinato che sembra uscito dalla miglior penna di Michael Nyman. All The World si avvale invece dell’afflato jazzistico del giovane alto-sassofonista Fabian Rucker (anche produttore) che tratteggia serpeggiamenti free jazz su un tema più jazzisticamente classico mitigati dalla pioggia delle delicate note dell’arpa di Zeena Parkins, mentre l’oscura, rarefatta e solo strumentale The Lost è un bozzetto 

percussivo-rumorista con declinazioni etniche che si apre alla presenza di momenti di sax, arpa, e alla chitarra di Nels Cline (Wilco e non solo) che fraseggia à la John McLaughlin acustico, mentre ancora Medesky, forte presenza pianistica nell’intero album, lo ritroviamo protagonista assoluto nella breve e splendida When I Land quasi esclusivamente per voce e pianoforte.

E ancora da citare sono le seduzioni etniche procurate dal violino a due corde in All Hands, i pieni di tutta la band che suona insieme in The Timekeeper, la delicatezza acustica della magnifica Last Stand/Final Approach fino a giungere alla fine del viaggio con I Arrive seconda e ultima parte dello stesso brano che apre (e chiude) un album di grande suggestione che si muove nei territori frastagliati e non comuni del jazz, della canzone sociale, delle avanguardie colte e della musica etnica, indicandoci la strada per andarli a scoprire. 

 

Voto: 7/10
Maurizio Pupi Bracali

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