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16 Febbraio 2017 ,

Reflections In Cosmo REFLECTIONS IN COSMO

2017 - RareNoise Records
[Uscita: 20/01/2017]

Norvegia     #consigliatodadistorsioni

 

Reflections In Cosmo è il lavoro intempestivo dell’omonimo gruppo nato dall’incontro di scene eteroclite e attori non conformi in quel grande caleidoscopio che sembra essere la Norvegia contemporanea. Esattamente come nel realismo nero di Jo Nesbø tutto avviene come se non potesse andare altrimenti e così il talentuoso sassofonista Kjetil Traavik Møster può non solo incrociare Thomas Strønen e Ståle Storløkken, già animatori del trio avavant jazz Humcrush, ma financo imbracare in questa virulenta adunata Hans Magnus Ryan (Snah), chitarrista e fondatore dei Motorpsycho. Ne scaturisce un lavoro di impressionante violenza musicale ed emotiva in grado di riscrivere i canoni del free jazz contemporaneo e delle sue nuove possibili ibridazioni. Se non rischiassimo di insospettire i lettori più maturi e accorti diremmo che questo “Riflections in Cosmo” riscrive completamente le possibilità delle contaminazioni possibili nel panorama jazz contemporaneo e a nulla valgono i riferimenti, che salgono immediati al pensiero, se non altro per contiguità spaziale, con gli Elephant9 (guidati dallo stesso Storløkken): qui siamo in presenza di qualcosa d’altro e di qualcosa di ben più solido che non una raffinata architettura compositiva e la freschezza dell’arrangiamento.

 

Reflections In Cosmo” rilegge la storia del rock e la si traslittera nella characteristica universalis di John Coltrane con la quale sono scritti i sette brani del disco; è la storia del metal senz’altro che anima l’iniziale Cosmosis nelle sue geometriche linee di costruzione, negli strappi di sassofono e nelle cavalcate ritmiche impietose. I nomi sono talmente noti che evitiamo di farne e ci limitiamo a suggerire le due maggiori correnti confluenti vale a dire una sensibilità armonica alla Iron Maiden e una tale lordura ritmica che non eruttare nomi come quelli di Black Sabbath è impossibile. Come è impossibile non sussultare sulle ascendenze funky-rock di Ironhorse e la sua evocativa, psichedelica aria anni ’70 che si incardina su un supporto ritmico pesante e quadrato. E laddove Cosmic Hymn crea un cortocircuito tra la leggerezza quasi volatile della melodia e l’abisso denso di tanto doom jazz contemporaneo, la successiva Balklava ci ricorda che forse il suono di sintesi elettronico è ancora forma espressiva sottoutilizzata quando si entra nella riserva chiamata jazz. Il grande merito ascrivibile a Reflections In Cosmo è quello di separare finalmente e definitivamente l’uso dell’elettronica e la controversa definizione di «sperimentale» sottraendo quindi uno strumento creativo al monopolio di una sedicente élite. Le acque sembrano calmarsi con il principiare più lineare e soffice di Perpetuum Immobile che tuttavia si lascia apprezzare per gli strappi ritmici mozzafiato caratterizzanti la parte centrale del brano.
Reflections in Cosmo” si lascia tastare e assaporare, è vero, con voracità ma non si lascia aggredire con impazienza e questo perché il suo lavoro armonico è complesso, cangiante e sfugge ad ogni sguardo totalizzante esattamente come il virtuosismo gourmet di Møster ben assortito in Fuzzstew della quale rimane persistente il retrogusto Sandersiano in salsa d’aringhe. Non abbiamo altro commento che non sia l’esortazione ad ascoltare quanto prima, e comunque sarebbe tardi. 

 

Voto: 8,5/10
Luca Gori

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