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10 Dicembre 2020 ,

Alessandro Seravalle & Gianni Venturi Qohelet

2020 - Lizard Records
[Uscita: 09/11/2020]

Un progetto che sfida le convenzioni, le definizioni stereotipate, gli inquadramenti di mera militanza ideologico-musicale e poetica. Già, perché di poesia, urticante, scarnificante, ossimorica, osso di seppia destinato ai morti oceani di una sensibilità ormai defunta, nel dubbio e lacerato confine che scrimina i vivi dai morti, si intesse questo progetto antiteista e antiumano a cura di due personaggi di estrema pregnanza artistica: Alessandro Seravalle (Garden Wall, Officina F.lli Seravalle) e del poeta-scrittore e musicista Gianni Venturi (Altare Tothemico, Mantra Informatico). Un’operazione ai limiti del banditismo vocal-disarmonico, su un testo sacro che ha sempre rappresentato un salto nel vuoto della parola, prefigurante abissi di senso vorticosi e inquietanti, il Qohelet, che nell’antico idioma ebraico vuol significare l’anima che raduna: essenze, ombre, spiriti vagolanti nel nulla di che siamo, affralite parvenze del mai più o del non ancora. La voce profonda di Gianni, come saliente dal grembo di marce reminiscenze di vite distrutte, e la tessitura strumentale per sudari cadaverici di Alessandro, scolpiscono croci fiammeggianti di sangue preumano nel cuore di chi ascolta. Più che un contrasto tra Bene e Male, con l’invito a godere dei frutti, spesso ingannevoli, della vita umana, come contemplato nel testo biblico primevo, risalta il 'salto dalla finestra' immaginato e forse sognato da Kafka nelle sue "Confessioni", o gli anatemi scagliati dalla penna infuocata di legittima indignazione contro una vita da miserabili dal sommo Cioran, in questi sei frammenti consegnati al dopo-vita. Da Il Bipede Eretto, in cui la voce di Venturi e l’impianto strumentale di Seravalle approntano ghirlande per le morti venture, in una società sempre più permeata di inestinguibile stupidità e mancanza di fuoco intellettivo, dove la bellezza è esiliata in regioni inaccessibili, a Il Sapiente Che Dice Di Sapere, quando la sostanza della vita umana è ebbra solo d’illusione e meglio sarebbe non essere mai nati. Da Avvinghiati Ad Un Algoritmo, in cui a un impianto musicale sperimentale trapunto della drammatica distonia della chitarra subentra la voce luciferina di Gianni, disegnante l’orrore e l’automazione transumana della società odierna, a simiglianza di una moderna Babilonia visitata dall’alito pestifero di un Demiurgo malvagio, ai gorgheggi avernali di Moto Perpetuo, dove uno stile industriale allestisce materia per incubi metropolitani senza possibilità di scampo. La musica viene in risalto in modo preponderante in 21 Grammi, traccia nella quale la ben nota maestria sperimentale di Seravalle fa da preludio alla voce sciamanica di Venturi, prima che l’inquietante simbiosi tra le percussioni metalliche e i venefici richiami vocali si adempia definitivamente in Fame Di Vento, a suggello di un’opera profondamente temeraria e incurante di lodi o biasimo. Superba operazione.

Voto: 8/10
Rocco Sapuppo

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