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9 Febbraio 2017 , ,

Stan Ridgway & Pietra Wexstun PRIESTESS OF THE PROMISED LAND

2016 - A440 Records
[Uscita: 10/10/2016]

Stati Uniti    #consigliatodadistorsioni

 

Di Stan Ridgway, mentore dei leggendari Wall Of Voodoo, di quando in quando pare smarrirsi anche la benché minima traccia. Invece, come una sorgente carsica, la sua musica si materializza nuovamente nei modi più arcani. Conclusa la gloriosa era dei Wall Of Woodoo, Stan intraprende una carriera solistica qualitativamente eccellente e tuttavia di non rimarchevole visibilità. Dischi quali “The Big Heat” e “Mosquitos” sono certamente di sontuoso livello, ma non si può affermare che al Nostro abbiano portato notorietà alcuna, e così discorrendo anche relativamente alle successive incisioni, fino a “Trouble” del 2012. Un sodalizio artistico, per vero, di ottimo spessore, è invece quello che lo lega alla moglie, Pietra Wexstun, leader del gruppo californiano Hecate’s Angels, e, ormai, giunto alla terza esperienza discografica con questo “Priestess Of The Promised Land”. Un album nel quale si innervano alle tradizionali ballate di desert country-blues del prode Ridgway degli interessanti elementi di rock sperimentale, recati alla causa comune dalla brava Pietra, con opportuni inserti vocali, trattamenti elettronici e intarsi chitarristici di alto pregio.

 

Brani quali la titlle-track Priestess Of The Promised Land, dall’andamento classicamente caracollante, una lenta traversata desertica per voce e chitarra acustica, cui si aggiunge la placida linea dell’armonica, o Blue Oceans At Dusk nella quale, invece, prevale il profilo sperimentale, una sorta di meditazione crepuscolare per chitarra elettrica, esemplificano chiaramente qual è il canone artistico dell’album: un continuo intrecciarsi di temi ora tradizionali, elementi di country-blues pertinenti alla nota discografia di Stan, ora di intarsi di matrice avanguardistica frutto dell’esperienza artistica di Pietra. Così discorrendo, ci si adagia su questo nastro sonoro che scorre via alquanto gradevolmente tra i summenzionati cambi di respiro e di ritmo, quasi in esatta alternanza (Slippin’ Sideways; Nightworld; She’s Wearing You Down). Frustate di sanguigno rock caratterizzano la linea compositiva di Talk Hard, con chitarra fiammeggiante e voce ustoria in tutta evidenza; una cantilena malata serpeggia tra le pieghe di All For Love, con la voce di Stan schermata e come tuffata nella calce viva, mentre, a chiudere un album di eccellente livello, l’intrigante parabola sperimentale di Error In Judgement, con aggiunta finale di sax a perfezionarne la trama.

Voto: 7,5/10
Rocco Sapuppo

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