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30 Novembre 2015 , ,

Slobber Pup POLE AXE

2015 - Rare Noise Records
[Uscita: 30/10/2015]

Stati Uniti    #consigliatodadistorsioni   

 

SLOBBER-PUP-Pole-Axe-Rare-Noise-RecordsIl buon vecchio free jazz non muore mai. La prova, se mai ce ne fosse bisogno, è anche questo Pole Axe” che come l’ascia di guerra del titolo sfonda e frantuma tutti i dettami del jazz più tradizionale (re)inventandosi un sound convulso e vibrante a tratti, più pacato ed estatico in altri, ma sempre straniante ed esoterico.

Non poteva essere altrimenti visti i pezzi da novanta che compongono l’organico dell’eclettico quartetto di compositori statunitensi Slobber Pup: Jamie Saft, che si produce all’organo e alle tastiere elettroniche, non è solo il pianista del New Zion Trio, dei Metallic Taste of Blood e di quel matto di John Zorn, ma è anche stato produttore per Bad Brains, Beastie Boys, Laurie Anderson e molti altri.

Joe Morris è tra i più blasonati interpreti dell’odierna chitarra jazz in campo sperimentale con oltre cento album all’attivo tra quelli a suo nome e le collaborazioni, mentre il batterista ungherese Balazs Pandi ha prestato i suoi tamburi a Cuts, Merzbow, Metallic Taste of Blood, Wadada Leo Smith, Obake e a quel Mats Gustafsson già collaboratore di Peter Brotzmann, Evan Parker, Jim O’Rourke, Gunter Christmann, Sonic Youth e altri ancora, che proprio in questa seconda prova degli Slobber Pup prende il posto del dimissionario bassista Trevor Dunn presente nel precedente e ottimo “Black Aces”, assurgendo con il suo sax indiavolato al ruolo di protagonista assoluto. Un sassofono al posto di un basso ed ecco che le coordinate del rock sperimentale e rumorista proposto nel fantasioso e bel disco di due anni fa, si spostano verso quelle del jazz più oltranzista e dinamitardo. 

 

Tre brani che variano dai quattro minuti e mezzo dell’iniziale Incendiary Axe con un Gustafsson che mette in moto la macchina del tempo finendo nel bel mezzo di un party degli Art Ensemble Of Chicago e del loro free sofisticato e intellettuale o della lunghissima (trenta minuti) Pole Of Combustible Memory che deve qualcosa all’Archie Shepp più Slobber Pup bandsconvolto e “libertario” per terminare con le bordate tastieristiche elettroniche e i gemiti di un sax straziante della conclusiva Bring Me My Desire And Arrows To Shoot (solo diciotto minuti (!)) che pur nella sua minore tempestosità e apparente pacatezza sfiora territori di glaciali sonorità siderali, apparentandosi con le follie profonde e insondabili, per i palati meno avvezzi, del Sun Ra viaggiatore cosmico ed eliocentrico.

Per tutto l’album il sax strepita, geme, si contorce e si avvolge serpentiforme ora frenetico ora più lento e sinuoso ma sempre presente, la chitarra di Joe Morris rumoreggia, sferraglia e scaglia accordi e note infuocate ricordando Arto Lindsay nei primi Lounge Lizards. Jamie Saft all’organo tesse morbidi tappeti sonori non disdegnando sibili, cascate di loops e accenti elettronici provocati da un synth ammaliante, mentre il ritmo tufunambolico, instancabile e incessante, della batteria di Balazs Pandi, collega gli altri elementi facendo dimenticare l’assenza di un bassista eccelso come Trevor Dunn.

Un album che pur masticando il boccone di un free jazz d’antan, si avventura tra i sapori delle spezie rumorose e futuristiche di un jazz psichedelico e multiforme, tra momenti apocalittici e tellurici e altri più tenui e crepuscolari frutto della coesione di un gruppo in stato di grazia che ci propone un lavoro complesso e importante che si avvicina non poco al capolavoro.

 

Voto: 9/10
Maurizio Pupi Bracali

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