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2 Febbraio 2013

Lionel Belmondo Trio PLAYS EUROPEAN STANDARDS

2012 - Discograph
[Uscita: 6/11/2012]

Lionel Belmondo Trio “PLAYS EUROPEAN STANDARDS”  Ci sono stati periodi in cui il jazz ha sofferto di complessi di inferiorità verso la musica classica. Per cui sono nati esperimenti detti “third stream music” da George Russel, o formazioni di cui la più valida è stata il Modern Jazz Quartet, che cercavano di fondere stilemi compositivi classici, come la fuga, con l'improvvisazione e la strumentazione jazzistica. Oggi tentativi di questo tipo sono più radi, poche volte riusciti, come ad esmpio il Satie eseguito da Jacques Loussier. Operazione simile è tentata dal sassofonista francese Lionel Belmondo, che prende pagine immortali del repertorio classico, Brahms, Rachmaninoff e molti altri, e ne fa temi per l'improvvisazione. Belmondo è sassofonista dal suono pulito, cool, i suoi modelli sono Stan Getz o Lee Konitz, partendo quindi dal modello più vicino a una sensibilità europea tra quelli nati nell'ambito delle musiche afroamericane.

 

Va detto che in questo disco la componente classica è minima e solo nell'iniziale Passionate, cioè la Quarta Sinfonia di Brahms, è fortemente riconoscibile. Il risultato, diciamolo subito, è ampiamente gradevole ma non supera il confine della curiosità musicale. La scrittura jazz, che è basata sulla “blue note”, cioè l'ultimo grado della scala africana, non perfettamente assimilabile alla settima europea, è molto diversa da quella occidentale. Per cui un tema classico, che generalmente è basato sugli archi, strumentazione che è molto difficile da trascrivere nel linguaggio del jazz, mal si adatta alla trascrizione in un linguaggio figlio di una cultura altra storicamente e geograficamente. Infatti il brano più godibile del disco è Cercle Mineur, una delle due composizioni di Belmondo (l'altra, Desillusion, col suo ritmo latineggiante, mi convince meno). 

 

Belmondo è comunque buon solista al sax, quanto più si allontana dal tema tanto più riesce ad affascinare. Quando si cimenta col flauto, in un' Elegie di Faurè e in un Prelude di Chopin, invece mostra minore personalità. In assoluto, il brano più affascinante, escluso l'originale sopra citato, si rivela quello scelto dal repertorio di Bach, Come sweet death, a confermare la teoria per cui il tedesco è il compositore del passato più assimilabile allo spirito jazzistico. Onesti i due ritmi, Sylvain Romano al contrabbasso e Laurent Robin alla batteria, con preferenza per il secondo che giostra bene sui tamburi senza strafare. Questo disco può essere consigliato al neofita che si avvicina al jazz, mentre l'ascoltatore scafato si aspetterebbe molto di più.

Voto: 6/10
Alfredo Sgarlato

Audio

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