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27 Novembre 2012 , ,

Indian Jewelry PEEL IT

2012 - Reverberation Appreciation Society
[Uscita: 27/11/2012]

Indian Jewelry PEEL IT 2012 – Reverberation Appreciation Society  # Consigliatissimo da DISTORSIONI

 

Provengono da Houston, Texas, terra di petrolieri e pistoleri, ma anche di devoti del rock psichedelico e del noise, questi Indian Jewelry, collettivo di freak nomadi e allucinati, intrepidi sperimentatori dei luoghi più arditi del rock, qui al loro sesto disco, senza contare quelli partoriti dai numerosi progetti paralleli che, sotto le sigle più disparate NTX + Electric, Swarm Of Angels, Perpetual War Party Band, hanno visto i nostri esibirsi. Del resto le formazioni con le quali la band si è proposta sono estremamente variabili, infatti intorno al nucleo fondatore composto da quattro elementi: Erika Thrasher, Tex Kerschen, Rodney Rodriguez e Brandon Davis, ruotano in un incessante tourbillon un numero imprecisato di collaboratori più o meno casuali; secondo la filosofia di vita delle famiglie hippie dei sixties. Ma nel terzo millennio il suono abbandona l’idillio visionario, ottimista e pacifico dei figli dei fiori e dell’era dell’acquario, per diventare sempre più tormentato e scuro, come le devastate lande della società post industriale.

 

 

Band quanto mai sfuggente ad ogni tipo di definizione, Indian Jewelry si muovono su svariati terreni, dal noise all’elettronica, dalla no wave al post punk, dalla psichedelia al suono industriale, dallo shoegaze al krautrock. Ogni canzone è un happening sonoro, un sabba delirante e sfuggente fra drum-machine ipnotiche, chitarre distorte, sintetizzatori da incubi visionari, canti allucinati e ieratici, melodie sghembe. Del resto la band di Erika Thrasher e Tex Kerschen, da poco diventati genitori e ritornati al natio Texas dopo un soggiorno a New York, deve gran parte della sua fama agli eccentrici, grandguignoleschi, folli live show, accompagnati da giochi di luci di impatto violento. Una musica, quella dei texani, che non lascia spazio alle mezze misure, o la si ama o la si detesta, ma se ci si lascerà coinvolgere, se si accetta di stare al loro gioco, potremo scoprire che questa potrebbe essere la colonna sonora delle tribù metropolitane dei nostri giorni e la bellissima Guns col suo canto ripetitivo, le chitarre implacabilmente penetranti e lancinanti, le percussioni ossessive da deriva nichilista e gli inquieti effetti elettronici potrebbe essere una delle canzoni simbolo di questi nostri tempi.

Ignazio Gulotta

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